Gheddafi: vivo o morto resto a Tripoli

«Siamo più forti delle vostre bombe: vivo o morto io rimango a Tripoli». Muammar Gheddafi non si lascia intimidire dai sempre più frequenti bombardamenti su Bab el Aziziya, l’area della capitale libica dove sorge il compound che comprende la sua residenza-bunker. Ancora ieri una serie di raid della Nato l’ha colpito pesantemente dal cielo, ma il Colonnello non solo non cede ma rilancia. Nel pomeriggio, con un audiomessaggio rivolto alla nazione durato poco meno di cinque minuti, ha esortato la popolazione a resistere e ribadito di non volersi «sottomettere» nonostante le incursioni della Nato.
«Intendo rimanere a Tripoli, vivo o morto», ha detto tra l’altro Gheddafi in tono di sfida, smentendo quanti parlano da tempo della sua disponibilità ad accettare un esilio all’estero. «Noi non abbiamo paura. Siamo più forti dei vostri missili e della vostra artiglieria. Non ci arrenderemo mai, né ci inginocchieremo. Le bombe mi cadono accanto, ma sto ancora resistendo». Poi un’esortazione ai suoi sostenitori a continuare la battaglia: «Un quarto di milione di libici sta combattendo per la libertà della Libia: le tribù libiche faranno la rivolta contro le bande armate e noi resisteremo». Questo è un riferimento al sistema di potere gheddafiano, basato sul coordinamento dei clan locali: le «bande armate» sono i rivoltosi libici sostenuti ormai da gran parte della comunità internazionale. Gheddafi arriva a chiedere ai suoi fedeli di installarsi a Bab el Aziziya, fungendo da scudi umani per impedire alla Nato di colpirlo ancora e dimostrare allo stesso tempo che il popolo è dalla sua parte.
La risposta della Nato a questa sfida verbale non si è fatta attendere. Poco dopo la diffusione del messaggio, nuove violente esplosioni hanno scosso il centro di Tripoli e un vasto incendio si è sviluppato a Bab el Aziziya. Solo ieri sono stati contati almeno 25 raid aerei sulla capitale libica. Nelle stesse ore, in una conferenza stampa congiunta con la Cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente americano Barack Obama si è detto certo che la partenza di Gheddafi è solo questione di tempo e ha chiarito che la pressione su di lui aumenterà finché dovrà cedere.
Intanto, però, il regime gioca ancora le sue carte. Non solo militari, ma anche legali.

Il legale francese Gilbert Collard ha affermato di aver incontrato degli emissari del raìs, che intenderebbe denunciare il governo francese per la morte presunta del figlio Seif al Arab, ucciso in un raid della Nato il 30 aprile scorso. Analoga denuncia è stata presentata presso il Tribunale di Bruxelles e quello federale belga dalla figlia di Gheddafi Aisha, che è avvocato.

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