Proprio mentre in Italia sta per uscire, il 27 agosto, Urlo-Howl, film sul poeta beat Allen Ginsberg, diretto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman e presentato al Sundance Festival in gennaio e poi al Festival di Berlino (e prodotto da Gus Van Sant), ecco che tra Messico, Montreal e New Orleans il regista Walter Salles (Central do Brasil, I diari della motocicletta) sta per ultimare le riprese di Sulla strada, tratto dal leggendario romanzo di Jack Kerouac che, insieme all«urlo-poema» di Ginsberg, costituisce il punto di partenza per ogni beat passato, presente e futuro (ormai il beat, come il romantico, è diventato unelastica ma riconoscibile categoria dellanima e della letteratura).
È una coincidenza che nellarco di un anno e mezzo vengano girati - e non in economia - due film basati sui due maggiori capolavori della beat literature? Cioè su un paio di libri che, per alcuni anni almeno, hanno influenzato pensieri e comportamenti di un gran numero di persone quasi quanto la Bibbia, o almeno quanto i libri dello scientologo Ron Hubbard? Oppure è un segnale delle ripercussioni culturali e spirituali che la crisi economica ha avuto sugli americani? È il caso di chiederselo.
Ascoltate come Joan Didion descrive, nellindimenticato Verso Betlemme, la fredda primavera che avvinghiò lAmerica nel 1967: «Il centro non reggeva più. Era un paese di avvisi di fallimento e annunci di aste pubbliche, in cui le famiglie scomparivano regolarmente, lasciandosi dietro uno strascico di assegni scoperti e ingiunzioni di esproprio. Mancavano persone. Mancavano bambini. Mancavano genitori: tutti scomparsi nel nulla. Un sacco di gente appena in grado di mettere insieme quattro parole sembrava animata da una profonda consapevolezza sociale. Avevamo distrutto noi stessi e massacrato il lavoro». Queste parole non ricordano le cocenti immagini delle case deserte, in vendita per pochi soldi, dopo la crisi dei mutui subprime? O le famiglie medio borghesi finite accampate sotto le tende alla periferia di Los Angeles? Eppure quel 1967 era soltanto lestrema propaggine fallimentare della beat generation, in attesa che Joan Baez a Woodstock gli desse la mazzata finale che avrebbe portato ai seriosi, ansiogeni e nixoniani anni Settanta. Tuttavia la descrizione della Didion è più che attuale.
Howl (Urlo) era stato letto per la prima volta in pubblico da Ginsberg solo dodici anni prima, nel 1955, alla Six Gallery di San Francisco (nel film, godetevi James Franco: sta così tanto nello scrittore da rendersi indistinguibile dalloriginale, soprattutto durante i reading di poesia). La lettura di Howl fu latto di nascita della Beat Generation («Ho visto le menti migliori della mia generazione trascinarsi per strade di negri allalba in cerca di droga rabbiosa...», incipit tanto celebre quanto parodiato) e allo stesso tempo il primo processo pubblico che lAmerica borghese (quella di Happy Days) tenne a questi artisti turbolenti e «sudici». Howl, infatti, finì in tribunale «per oscenità», ma probabilmente pure per attiva sollecitazione alluso di droghe allucinogene e al sesso promiscuo. Il film di Epstein e Friedman è la storia di questo processo, nel classico stile di Hollywood: accusa, difesa, e alla fine viva la libertà (il poema fu assolto in quanto «di importanza sociale riedificante»).
Il film di Walter Salles, invece, con protagonisti Viggo Mortensen (reduce da The road, tratto da Cormac McCarthy), Kristen Stewart (Twilight) e Kirsten Dunst, sembra avvicinarsi al libro di Kerouac (pubblicato nel 1957 e i cui diritti cinematografici appartengono da sempre a Francis Ford Coppola) con maggiore impegno intellettuale. «Cè una strana modernità nel suo tema - ha detto Salles -. Questo romanzo è più contemporaneo oggi che allepoca in cui uscì. E io non sono interessato a fare un film che non abbia collegamenti col presente».
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