Stefano Zurlo
da Milano
Fra il 2000 e il 2001 li aveva fatti arrestare. Ora dal suo ufficio presso lUnione europea, Stefano Dambruoso li ha visti tornare liberi. Abdelhalim Remadna, Benattia Nabil, Ben Heni Lased sono stati scarcerati grazie allindulto e ora, modesta precauzione, verranno espulsi. Dambruoso, magistrato esperto nella lotta al terrorismo, non nasconde il suo stupore: «Sono preoccupato».
Perché?
«Premetto che io rispetto la politica e le sue scelte. Ci mancherebbe. Però».
Però?
«Però le persone scarcerate sono molto pericolose. E questo non lo dice solo Stefano Dambruoso, ma le sentenze dei giudici che li hanno condannati, fino alla Cassazione».
In pratica, che cosa avevano in mente di fare?
«La cellula cui appartenevano, composta in gran parte da tunisini sparpagliati sul territorio lombardo fra Gallarate e Milano, era lespressione italiana di Al Qaida. Diciamo che il gruppo guidato da Essid Ben Khemais era in contatto con Al Qaida».
Con i luogotenenti di Bin Laden?
«Esatto. Membri della cellula italiana si erano formati nei campi afghani, chiamavano in Afghanistan e parlavano in Afghanistan con persone molto vicine alla dirigenza di Al Qaida. Un emissario di Bin Laden, Abdelkader Es Sayed, era arrivato in Lombardia per rafforzare la struttura. Poi è tornato in Afghanistan dove sarebbe morto».
E qual era lobiettivo di questo gruppo in Europa?
«Appunto rafforzare Al Qaida. E preparare attentati, anche sul suolo europeo».
Dove?
«Abbiamo collaborato con la magistratura tedesca. E la magistratura tedesca ha sventato un attentato programmato per Natale 2000 alla cattedrale di Strasburgo. Due pentiti hanno confessato, le forze dellordine hanno fatto irruzione nel covo dellorganizzazione, sono state ritrovate le armi del gruppo. Nello stesso contesto, un altro pentito ha permesso di prevenire un attentato allaeroporto di Los Angeles».
In Italia?
«Abbiamo proceduto con gli strumenti allora a disposizione. Non dimentichiamo che le indagini sono cominciate ben prima dell11 settembre 2001».
Non esisteva ancora il reato di terrorismo internazionale?
«No, fino alla fine del 2001. Non cera modo di colpire con precisione chi gestiva uninternazionale del terrore e spediva miliziani a combattere in Afghanistan o in Algeria. Dunque, abbiamo contestato reati ordinari, come lassociazione per delinquere finalizzata allimmigrazione clandestina o alla contraffazione di documenti. Va da sé che questi reati, meno definiti, si portavano dietro pene più leggere».
Risultato?
«Abbiamo ottenuto condanne, definitive, a 6 o 7 anni di carcere».
A questi discepoli di Bin Laden non è stata contestata la finalità del terrorismo?
«Cè stato un lungo dibattito specialistico, ma alla fine la finalità, ovvero laggravante, non è più stata contestata in Italia in questi processi».
Perché?
«Perché laggravante viaggiava, se posso dire così, in coppia col reato base. Si poteva formulare per i brigatisti, non per il terrorismo internazionale visto che quel reato specifico non esisteva».
Ora è arrivato lindulto.
«Sono preoccupato per la loro pericolosità sociale. Daltra parte lindulto è stato applicato a questi reati ordinari».
Si poteva fare diversamente?
«Molto difficile. Se si concede lindulto per lassociazione a delinquere bisogna poi darlo anche a questi soggetti. Certo, forse non si era messo in conto che un provvedimento del genere avrebbe ridato la libertà a un gruppo ristretto ma molto pericoloso di detenuti».
Quanti in tutto?
«Quelli coinvolti in 2 o 3 processi in tutta Italia. Fra laltro con sviluppi paradossali».
Quali?
«Per ragioni di competenza alcuni imputati in uno di questi dibattimenti sono stati giudicati a Brescia e condannati a pene molto pesanti per terrorismo internazionale. Altri invece sono stati assolti a Milano come "resistenti" e condannati solo per reati minori. Risultato: gli uni riceveranno lo sconto, gli altri no. Anche se avevano le stesse accuse».
I detenuti scarcerati saranno espulsi per ragioni di sicurezza nazionale in base al decreto Pisanu, contestato da buona parte della sinistra.
«Il decreto Pisanu è legge e come tale devessere applicato. Certo, è difficile tenere sotto controllo queste persone, una volta tornate nei loro paesi dorigine».
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