Dopo gli spettri neoautoritari sventolati nei giorni scorsi dal segretario dellAnm, Giuseppe Cascini e dalla Repubblica, Luca Palamara, presidente del sindacato dei magistrati, riaccende la miccia. Le riforme preannunciate dal centrodestra «sono inutili», dice. «O meglio, non servono a migliorare lefficienza dei processi ma a riscrivere i rapporti tra potere esecutivo e giudiziario». E allavvocato del premier e deputato del Pdl Niccolo Ghedini, che suggeriva la creazione di due Csm distinti per giudici e Pm, risponde che è uneventualità «inaccettabile». La ragione? «Farebbe saltare la garanzia di autonomia e indipendenza alla base dellazione dei magistrati che solo lattuale assetto tutela pienamente».
Palamara non crede alle «rassicurazioni» dellesponente azzurro, che non vede il rischio di un Pm sottomesso allesecutivo. Perché, si chiede, «se si vuole che un Pm indaghi senza condizionamenti politici», poi si decide di cambiare il disegno costituzionale? La risposta per Palamara è chiara: si vuole cogliere loccasione per una resa dei conti, per dare «una lezione», condivisa anche a sinistra, ai magistrati. Con buona pace di Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, che giusto ieri ricordava che «è bene che i magistrati non tengano atteggiamenti sopra le righe».
Se lopposizione sceglie una posizione low profile, dalla maggioranza giungono (poche) repliche a dire il vero sufficientemente concilianti. Il ministro Gianfranco Rotondi, infatti, ribadisce che non cè un disegno per delegittimare la magistratura, ma solo «una volontà di riformare in concreto il sistema». Possibilmente con lopposizione «non giustizialista» e le «toghe non politicizzate». Opinione condivisa almeno in parte anche da Italo Bocchino, che però resta a metà del guado. La riforma, ricorda, non è una resa dei conti, ma «non deve essere nemmeno condizionata dalle minacce dellAnm».
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