Condivido poco o nulla delle idee di Gigi Malabarba, senatore di Rifondazione comunista eletto in Liguria. Malabarba - tanto per capirci - è un trotzkista, uno dei duri che nelle scorse settimane ha tenuto il governo appeso a un filo per il voto sulla missione in Afghanistan, salvo poi diventare meno duro quando Prodi ha messo la fiducia sul provvedimento.
Però, pur nella diversità delle opinioni, credo che Malabarba sia un ottimo parlamentare. Lo è stato nella scorsa legislatura, da capogruppo dei tre senatori di Rifondazione, e lo è oggi. Serio, documentato, presente, a volte irritante, ma comunque un senatore degno del suo incarico.
Se mi permettete un piccolo ricordo personale, posso dirlo di averlo scoperto mediaticamente io. No, tranquilli, non mi sto trasformando in un Pippo Baudo della politica, uno che dice un giorno sì e laltro pure: «Questo lho inventato io». Però, che Malabarba non fosse uno qualunque era chiaro dal suo primo giorno di legislatura, da quando - lui cassintegrato Alfa Romeo licenziato varie volte e sempre riassunto su ordine dei pretori del lavoro - è andato a presentarsi allallora senatore a vita Gianni Agnelli: «Scusi Avvocato, sono Malabarba, lei mi ha licenziato otto volte» (dico otto a memoria, ma fossero dieci o quattro non cambierebbe nulla). Così come, sempre dalle colonne del Giornale, da cronista parlamentare, ho raccontato lingresso di Malabarba al Quirinale, evento comunque significativo per la sua storia e il suo passato. Sono ancora grato a Maurizio Belpietro per avermi fatto scrivere quegli articoli: furono storie che solo il Giornale raccontò.
Partendo da queste premesse è chiaro che, quando Malabarba è stato eletto in Liguria, lattenzione su di lui è stata doppia. Anche perchè, nonostante la diversità politica, Gigi si è conquistato la stima di molti parlamentari della Casa. Da Alfredo Biondi («nella diversità di opinioni, mi pare davvero una persona perbene»), al vicepresidente dei deputati azzurri Lucio Malan, che Malabarba ha addirittura ringraziato pubblicamente nel suo discorso di addio a Palazzo Madama. Che poi addio non è stato, come vedremo: «Gli ho chiesto qualche manciata di secondi in prestito dal tempo di Forza Italia per esporre le posizioni di Rifondazione comunista. Malan me li ha concessi e lo ringrazio ancora oggi». Passando per lex presidente Marcello Pera, «che ha dovuto sopportare anche le mie intemperanze e lo ringrazio».
Insomma, Malabarba.
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