Bisognava esserci. Era un posto nato per sperimentare ogni eccesso e qualunque magia, eoni prima che Internet rendesse possibile andare su e giù intorno al Tempo con la piattezza diacronica di YouTube. E prima, molto prima che le nostre metropoli diventassero tristi bidonville globalizzate. Berlino Ovest, negli anni Ottanta, era un luogo dell'anima desiderante, una città composta di due metà scisse dal Muro, che tuttavia prestava i suoi fianchi di cemento alla più sfrenata libertà creativa. Così l'americano Keith Haring, scambiato per un agente della Cia, modella i suoi graffiti Pop-Art su quelle pietre divisorie - ogni segmento, alto 3 metri e 60 -, dando il via, nella parte occidentale della città, a una moda che negli anni seguenti avrebbe ispirato centinaia di artisti. Nasceva la Mauerkunst , l'«arte del Muro»: chilometri di murales zeppi di omini fibrillanti e figure dinamiche, distrutti nel 1989, quando quella parete divisoria antifascista (secondo la propaganda della Ddr) venne giù a picconate. Tutto in una notte. Da parte sua, il francese Thierry Noir, che per Il cielo sopra Berlino di Wenders ha dipinto il tratto di Muro della Waldemarstrasse, nel 1984 trova un pissoir al centro giovanile e lo attacca al Muro, dalle parti di Checkpoint Charlie. Sotto gli occhi e i mitragliatori dei vopos col cappottone verde militare che non capivano il suo omaggio a Marcel Duchamp.
Adesso quell'isola di creatività sotto il cielo diviso è al centro del docufilm tedesco B-Movie: Lust&Sound in West-Berlin 1979-1989 , girato da Jorg A. Hoppe, Klaus Maeck ed Heiko Lange che, in un collage di materiali d'archivio, interviste e ricordi, affidano a una guida, Mark Reeder, la narrazione di quanto è avvenuto su quella scena frizzante. Reeder è un ragazzo di Manchester, un musicista che nel 1979 se ne va dall'Inghilterra dell'avanguardia punk per cercare qualcosa di nuovo: il caos di Berlino. Case da zombies. Rovine. Fango. Pareva che il 1945 non fosse mai passato. Però ci sono altri punk, più svalvolati di quelli di Manchester. Tra questi, Tilda Swinton, che prima di diventare attrice iconica - con quella faccia ibrida da ermafrodita - è stata una squatter vagabonda di Oranienstrasse, là dove le case si occupano. Fino a che, nel 1981, ci scappa il morto: Klaus-Jurgen Rattay, colpito a morte dalla polizia durante una dimostrazione. La pena di esistere, però, si può stemperare nelle Kneipen fumose, dove la birra scorre a fiumi e la droga a chili. Alla «Dschungel» David Bowie si esibisce per un pugno di marchi: quel che più gli interessa è rimediare la fantastica «roba» di Berlino, lo speed più devastante. All'ombra del Muro nasce Heroes , scritta insieme a Brian Eno e che Bowie inserisce nella Trilogia di Berlino: sarà una delle poche canzoni sul Muro conosciuta a livello internazionale. Un motivo d'impatto, che alla rockstar viene in mente vedendo una coppia di amanti baciarsi sotto la torre di controllo. Lo inciderà rapidamente all'Hansa-Tonstudio 2, lo «studio by the Wall» a 200 metri dal muraglione della Guerra Fredda. Iggy Pop, che nel '77 lavora a Lust for Life , racconta che i soldati della Ddr li osservavano, dentro lo studio, mentre stavano incidendo.
Nel film sfilano diverse maschere d'un carnevale eterno: ci sono Die Ärzte (I medici), la band migliore negli Ottanta germanici. La loro musica metal fa ballare Ossi e Wessi, quelli di qua e quelli di là dal Muro, a oriente e occidente di un'unica voglia di vivere ed essere giovani. Secondo loro, Nena vuole sposarli tutti, uno dietro l'altro: li ha presi per i suoi 99 Luftballons , i 99 palloncini che spingono Carlo Karges a scrivere una delle 1001 canzoni da ascoltare obbligatoriamente, prima di morire? Una canzone contro la Guerra Fredda, che Nena manda in orbita nel mondo. Uno dei rari titoli made in Germany che hanno fatto tendenza. Poi c'è Nick Cave, una delle più dense leggende underground della musica rock: oggi il cantante ultrasessantenne fa una vita borghese e scrive romanzi, ma un tempo era un junkie piovuto dall'Australia in Europa. A Berlino mischiava l'eroina col whisky e i suoi concerti con i Bad Seeds erano messe nere e anche lui era vestito di nero da capo a piedi. «Riuscite a sentire il battito del mio cuore?», chiedeva estatico ai fans, il giovane Wim Wenders tra essi.
Con la prima «Loveparade», il 1° luglio 1989 e il crollo del Muro, poco dopo, termina il racconto di B-Movie , una lezione di storia piena di umorismo, la cui colonna sonora è il vento del tempo che graffia come la puntina del giradischi su un 78 giri in vinile.
Un suono di nostalgia postmoderna che accompagna i giorni troppo brevi e le notti troppo lunghe di grandi militanti della cultura pop, che ancora non cercano i soldi. «It was so nice, it was paradise, Berlin by the wall»: parola di Lou Reed.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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