I colonnelli sdoganano il piano B «Restiamo all'opposizione, ma...»

I colonnelli di Forza Italia si ritrovano un'ora prima del discorso di Silvio Berlusconi. Moderati da Alessandro Sallusti, direttore del Giornale , parlano chiaro. Si lanciano apprezzamenti e rimproveri. Strappano consensi dalla platea del Garda Village, la quale non attende altro che di essere coinvolta. Si misurano sull'appoggio a Renzi e sulle prospettive di intese con gli ex alleati di centrodestra.

Eppure non è Renzi l'argomento che accende i cuori. E neppure le alchimie per trovare i candidati migliori alle regionali. Il tema più scottante è la vita interna del partito, il futuro di Forza Italia, le prospettive dei moderati, maggioranza silenziosa e disillusa. A Sirmione, a cavallo tra Lombardia e Veneto, i battimani più convinti vanno per primo a Raffaele Fitto, che evidentemente non fa impazzire l'applausometro solo al Sud. L'eurodeputato di Bari non si fida di Renzi: «Fece votare la decadenza di Berlusconi, ha messo la fiducia per cassare la responsabilità civile dei magistrati, ha confermato e aumentato le tasse sulla casa. Renzi fa politiche di sinistra e vuole annacquare la nostra storia e la nostra identità». Fitto critica ancora pesantemente la gestione interna: «Occorre selezionare la classe dirigente dal basso in modo democratico». Cioè con le primarie.

Gli replica Marco Marin, ex olimpionico di scherma oggi senatore e coordinatore del Veneto: «Quando gareggiavo ho sempre rispettato l'avversario ma in pedana volevo vincere io. Io voglio vincere come Forza Italia, non da alleato di un Renzi che ha ottenuto riforme soltanto con i voti di Forza Italia e si è iscritto al Pse. La selezione della classe dirigente si fa come nel Veneto, con la gavetta negli enti locali. Non c'è bisogno di copiare dagli altri»: e qui il riferimento è alle primarie del Pd. Ma una cosa Marin la copierebbe volentieri dalla Lega: «Vince perché parla chiaro. Perché anche noi non possiamo dire che Mare Nostrum è un fallimento?».

I vertici azzurri tranquillizzano la base: il partito è una forza di opposizione e lo resterà. Tuttavia, azzarda il capogruppo al Senato Paolo Romani, «se verificassimo che il Pd si spacca sul Lavoro e ci fosse spazio per nuova maggioranza riformista, un pensierino lo farei». Maurizio Gasparri è preoccupato dall'eccessiva frammentazione del centrodestra: «Per questo chiediamo soglie di sbarramento non troppo basse. L'Italicum risponde a questa esigenza».

Il compito di tessere i rapporti con gli ex alleati è affidato a Giovanni Toti. «Una tela di Penelope», dice il consigliere di Berlusconi pensando a ciò che di notte viene disfatto. «Non vogliamo morire renziani e nemmeno restarci troppo a lungo. Siamo un'opposizione efficace e responsabile, alle elezioni avremo buone chance visti i pessimi risultati del governo.

La speranza è di rivedere Berlusconi presto libero da vincoli perché Forza Italia non è un reperto archeologico, è il primo partito del centrodestra e tutte le altre forze sommate non fanno i nostri voti. D'altra parte, nessun leader di questo centrodestra sparpagliato vuole condannare i propri elettori all'inconcludenza. La strada è una, coalizzarsi attorno a Berlusconi come idee e numeri nel Paese». SFil

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