I costi di questo conflitto? Li paghiamo già dal 1935

Per ora gli unici numeri sul tavolo sono quelli dei missili che si contano nel cielo della Libia e gli altri, tanto drammatici quanto inevitabili, dei caduti sul campo. Un conto che qualunque guerra presenta, inutili farsi illusioni. Ma altrettanto illusorio sarebbe dimenticare le cifre che verranno: quelle dei costi del conflitto. C’è l’ipotesi, auspicata da tutti, che l’intervento nell’ex colonia d’Africa finisca al più presto e col minor spargimento di sangue. Ma è molto probabile che non sia così, che la mobilitazione di navi, aerei e uomini prosegua. E che abbia un costo, anche economico.
A chi toccherà saldare le spese extra delle otto basi, la portaerei con i velivoli a decollo verticale, i tornado, l’intelligence? Ovviamente ai contribuenti. E del resto è del tutto normale che un popolo si faccia carico del bilancio della propria politica estera, inclusa quella fatta a suon di missili. La guerra in Afghanistan, ad esempio, è costata all’Italia oltre 50 milioni di euro al mese negli ultimi anni. E naturalmente il Parlamento ha dovuto approvare la relativa copertura. Anche stavolta dobbiamo prepararci a metter mano al portafogli? Ci resta una carta: appellarci al ministro Tremonti perché si metta una mano sulla coscienza e tenga presente un fatto di cui le associazioni di consumatori si sono lamentati a più riprese: si può tranquillamente dire che i soldi per questa guerra il cittadino-contribuente li abbia già ampiamente sborsati. Grazie, o meglio per colpa, a uno di quei trucchetti che ci rendono di anno in anno il Fisco italiano sempre più antipatico: dal 1935 tutti gli automobilisti che percorrono le strade d’Italia versano all’erario una somma piccola, ma costante. Una vera e propria tassa destinata alla guerra d’Abissinia (l’attuale Etiopia) inserita all’epoca tra le accise sulla benzina.
Si tratta di 1,9 lire ogni litro versato nei nostri avidi serbatoi. Chi non è pratico di numeri penserà che si tratta di piccola cosa, di una bazzecola, soprattutto se convertita dalla liretta dell’epoca al ben più pesante euro attuale: a fare la conversione viene fuori uno zero virgola apparentemente trascurabile: pulviscolo di moneta, nemmeno centesimi. Peccato che gli automobilisti italiani siano tanti, così come i litri di benzina consumati e gli anni trascorsi versando l’assurdo balzello: ben settantasei.
Dunque, pallottoliere alla mano, bisogna moltiplicare 1,9 lire per 350 litri l’anno, che è la stima del consumo medio annuo dell’automobilista italiano. La cifra ottenuta, 665 lire, va moltiplicata per il numero dei veicoli che affollano le nostre strade, all’incirca 40 milioni. E siamo a 26,6 miliardi di lire l’anno, che pure se tradotti in euro sono tutt’altro che bazzecole: 13,5 milioni di euro l’anno.

Un corposo soldino che gli italiani infilano ogni anno nel salvadanaio del Fisco un corposo soldino. Caro ministro, visto che siamo stati previdenti e abbiamo messo via tanti denari per la vecchia e da tempo terminata guerra d’Africa, ora sia comprensivo e non ci infligga tasse per la guerra nuova.

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