I Jethro Tull e il flauto di Ian Anderson aspettano i fan a Cattolica e a Mantova
15 Luglio 2005 - 00:00Antonio Lodetti
In equilibrio su una sola gamba, laltra ripiegata sul ginocchio, mentre si lascia andare a un furioso e al tempo stesso melodico assolo di flauto. Questa limmagine classica, ormai entrata nel mito, di Ian Anderson, il leader dei Jethro Tull. «Ormai quella posizione è il mio marchio di fabbrica; lunica concessione allo spettacolo in un mondo di show ipertecnologici dove gli effetti contano più della musica», commenta il flautista.
Leader indiscusso di una band che ha venduto sessanta milioni di album con una pozione magica di rock nobilitato da citazioni classiche, blues, jazz, folk; una band che ha subito più rimpasti dei governi italiani nella Prima Repubblica ma che è ancora on the road e chiude la sua tournée italiana con due concerti - stasera e domani - allArena Regina di Cattolica e a Palazzo Te a Mantova. Dei ragazzi della prima ora al suo fianco cè solo il chitarrista Martin Lancelot Barre; gli altri sono Doane Perry alla batteria (che segue Anderson dall84), Andrew Giddins alle tastiere (è arrivato nel 91), Jonathan Noyce (al basso dal 95).
Anderson invecchia ma non cambia e non molla (anche se secoli fa scrisse un brano dal titolo «Troppo vecchio per il rock and roll troppo giovane per morire») mandando in sollucchero i suoi aficionados con classici come To Cry You a Song, Aqualung, il rock duro Locomotive Breath, Thick As a Brick, My God (con uno dei suoi più celebri assolo) e una Bourrée sottratta al clavicembalo di Bach da lui presuntuosamente firmata sul disco Stand Up come Anderson-Bach. «È un gioco, un mio arrangiamento jazz per flauto di un brano di Bach che io ho reso famoso presso il grande pubblico».
Stregone, pifferaio di Hamelin, troubadour con lanima di Robin Hood, eccentrico bardo destinato a diventare il Jean Pierre Rampal del rock, è un personaggio che non passa mai di moda e attira un pubblico eterogeneo che spazia dallappassionato di blues a quello di folk per arrivare allamante del progressive rock. Lo testimoniano più di cento concerti allanno in giro per il mondo con una media di pubblico di 300mila persone.
Del resto, a dimostrazione del suo egocentrismo, suona il flauto proprio per non essere secondo a nessuno.