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I kamikaze in Afghanistan sono killer d’importazione

L’attentato suicida contro un bus della polizia a Kabul è stato il più letale nella storia del terrorismo in Afghanistan. Il terrore ha colpito nel cuore della capitale, mentre la grande maggioranza degli attentati suicidi era finora avvenuta nella zona di Kandahar. Il metodo dell’attentato suicida finora non è stato comune in Afghanistan. Il primo rivendicato dai talebani risale al 15 gennaio 2006 e il suo obiettivo era il console canadese Glyn Berry, ucciso a Kandahar con il suo seguito. Un analogo attacco fu tentato contro il vice-presidente americano Dick Cheney, mentre morirono un soldato americano, un sudcoreano e 19 afghani. Il precedente più diretto per l’attacco di martedì scorso risale al 16 gennaio 2006, quando un terrorista suicida si lanciò in motocicletta fra la folla uccidendo 23 persone.
Anche allora l’attacco fu rivendicato dai talebani. Ma la rivendicazione era falsa. Le indagini portarono a identificare una cellula di Al Qaida, venuta dal vicino Pakistan, in cui non c’erano afghani.
La cultura afghana ha un’avversione radicata e secolare per il suicidio. L’alleanza fra il mullah Omar e Bin Laden fa spesso dimenticare che i talebani nascono da una matrice ideologica diversa da quella di Al Qaida. Mentre quest’ultima è il frutto maturo dell’ultra-fondamentalismo arabo ed egiziano, i talebani (il cui nome vuol dire «studenti») vengono dalle scuole coraniche del movimento Deobandi in Pakistan e in India, la cui ideologia non è fondamentalista ma tradizionalista. Come dimostra la rivolta della Moschea Rossa che è scoppiata in Pakistan nello scorso luglio, il tradizionalismo Deobandi può essere violento, ma le sue prime preoccupazioni sono morali, non politiche: se la prende con i negozi di videocassette pornografiche e le donne non velate, e si cura assai meno degli scenari politici globali che sono invece al cuore del progetto di Al Qaida. È l’alleanza con Bin Laden che ha importato elementi di fondamentalismo nell’ideologia dei talebani. Ma questi continuano a mescolare la legge islamica, la sharia, con il codice tribale pashtun che regge l’Afghanistan da millenni. La stragrande maggioranza degli esponenti religiosi afghani - compresi molti che sono ostili all’Occidente - esclude assolutamente che il terrorismo suicida possa trovare giustificazioni nella tradizione islamica locale.
Non si può allo stato escludere che Al Qaida sia riuscita a reclutare alcuni afghani.

È però un dato di fatto che tutte le cellule identificate come responsabili di attentati suicidi in Afghanistan sono risultate composte e dirette da stranieri, e che l’opinione pubblica afghana è convinta che il terrorismo suicida sia un terrorismo d’importazione. Per fermarlo occorre quindi smantellare le linee di reclutamento di Al Qaida dove operano con maggiore successo: in Pakistan e nelle moschee europee. Con buona pace di chi pensa che la guerra al terrorismo sia finita.

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