Roma - «Per raccontare con arte la genesi, la trasformazione, e l’incubo del comunismo devi aspettare molti anni. Quanti? Tutti quelli necessari affinché il tuo odio sia evaporato». Così Matei Visniec (classe 1956), drammaturgo e poeta romeno da anni residente a Parigi, spiega l’origine di Come spiegare la storia del Comunismo ai malati di mente che domani approda al teatro Valle di Roma dopo il trionfale debutto sul palcoscenico dello Stabile di Catania che ha prodotto lo spettacolo. Una tragicommedia, quella di Visniec, che declina la pazzia in tutte le sue forme. La follia ideologica (propria del XX secolo) e quella libertaria e anarchica di chi resiste proprio a quello stesso conformismo ideologico. Insomma, se si vuole parlare di comunismo, sembra dire l’autore romeno, la prima cosa da fare è prendere un manicomio e usarlo come metafora del mondo. E, in effetti, il testo è ambientato a Mosca nel 1953, anno della morte di Stalin. Lo strambo direttore dell’Ospedale centrale per malattie mentali Grigori Dekanozov (Christian Di Domenico) vuole ricorrere a una cura «rivoluzionaria» per i suoi degenti: raccontare loro la storia del comunismo. Affida quindi la missione a Juri Petrovski (Angelo Tosto), pluridecorato poeta del Soviet, che giorno dopo giorno si lega sempre più ai malati finendo per diventare un pericoloso dissidente, additato come sabotatore della rivoluzione. Anche di Visniec il regime di Ceausescu aveva riconosciuto il talento e il valore fin dalle sue prime prove. Quando il rettore della facoltà di Filosofia assiste alla prima rappresentazione di un testo di Visniec nel ’77 chiede all’autore perché veda nel XX secolo un periodo oscuro fatto di odio e di follia ideologica. E soprattutto gli chiede perché non riconosca nel Novecento il secolo del riscatto sociale del proletariato. «Per me è il secolo di due guerre mondiali e di due follie come il nazismo e il comunismo» replica il ventenne aspirante drammaturgo e poeta. L’anno dopo, durante una gita universitaria a Parigi, Visniec decide di chiedere asilo politico per non tornare più nella Romania comunista. L’esilio è solo l’ultimo atto di un percorso coerente. A partire dal 1976, infatti, il futuro drammaturgo si arma di telecamera e registratore per documentare la miseria e l’oppressione della sua gente. Alle spalle ha un bagaglio culturale popolato dei massimi nomi della letteratura surrealista e dadaista, del teatro dell’assurdo e del grottesco. Kafka, Dostoevskij sono i suoi lumi così come Lautréamont e Camus. A Bucarest entra a far parte della «Generazione Ottanta», sorta di cenacolo culturale che raccoglie il meglio della nuova letteratura romena che riesce a eludere la censura grazie a un raffinato gioco di metafore e di allusioni ironiche. E Come spiegare la storia del Comunismo ai malati di mente è proprio una vivace metafora che fa di Visniec il degno erede di Eugène Ionesco. Il regista e interprete Gianpiero Borgia ha impiegato cinque anni a trovare uno stabile che lo producesse. «Ho visto il testo di Visniec in un allestimento del Repertoir Los Angeles Theatre al festival di Edimburgo nel 2005 - ricorda il regista -. Sono rimasto subito folgorato dalla forza poetica del testo». Borgia ha poi fatto tradurre la pièce da un raffinato editor siciliano come Sergio Claudio Perroni. Poi l’anno scorso il sì dello Stabile di Catania di Pietrangelo Buttafuoco. Cinque anni per trovare in Italia un teatro disposto a produrre quella che in tutto il mondo occidentale (dalla Scozia agli Stati Uniti, passando per la Francia) è considerato un capolavoro di teatro musicale.
«Sembra assurdo ma solo fino a un certo punto - spiega lo stesso Buttafuoco -. I nostri teatri sono ancora troppo chiusi e radicati in vecchi schemi ideologico-culturali. La sola parola “comunismo” li fa chiudere a riccio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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