I prodiani in trincea nel «risiko» bancario del dopo-elezioni

La stentata affermazione del Professore potrebbe indebolire le posizioni di Intesa e Sanpaolo a favore di Capitalia. Il ruolo di Mps

Marcello Zacché

da Milano

Il risultato elettorale si riflette sulle strategie bancarie: a poche ore dalla lunga notte del 10 aprile si studia il nuovo scenario politico cercando di misurare forze e nuovi equilibri.
Si era detto, da settimane, che il risiko, cioè la febbre delle aggregazioni, avrebbe aspettato l’esito delle urne prima di ripartire. Dalla vittoria di uno o dell’altro dei due schieramenti potevano emergere assetti diversi. Dunque il quadro sul quale misurare le forze in campo è ora quello della debole vittoria dell’Unione.
Uno scenario che, a prima vista, indebolisce due personaggi-banchieri considerati molto vicini a Prodi, quali Giovanni Bazoli, presidente di BancaIntesa, ed Enrico Salza, che sta invece al vertice del SanpaoloImi. Sembra un paradosso, dal momento che a vincere è stato proprio Prodi. Ma le ragioni di questo stanno in un’affermazione personale del professore bolognese che è inferiore alle attese: chi da questa si poteva attendere un aumento del peso specifico per le ambizioni di Intesa (su Capitalia, per esempio, o su Mps) e per quelle di Torino (sullo stesso Mps) deve fare i conti con banchieri-prodiani a cui realisticamente conviene ora restare in trincea.
Diversa la posizione del presidente di Capitalia, Cesare Geronzi. Anche qui c’è un paradosso, dal momento che Geronzi è attualmente sospeso dalle sue cariche in seguito all’interdizione decisa dal tribunale di Parma. Ma è proprio lui, tradizionalmente accreditato di rapporti trasversali (il socio Berlusconi e l’amico Gianni Letta a destra, le simpatie di Margherita e Ds a sinistra), a potersi potenzialmente giovare di un risultato di sostanziale parità. Anche se tutto dipenderà dall’assemblea di Capitalia del 20 aprile (chiamata a confermare o meno Geronzi nel cda) e dalle decisioni dei giudici che indagano sul crac Parmalat, che dopo il 21 aprile (data della scadenza del provvedimento di interdizione) potrebbero trovare altri motivi per fermare di nuovo il banchiere romano. In ogni caso lo scenario di una calata di BancaIntesa su Roma sembra da ieri il meno realistico.
A Siena, invece, la nuova presidenza Mussari, varata proprio nel giorno delle elezioni, ha per ora prodotto la sola reazione dei sindacati che, come di consueto, hanno ribadito l’esigenza di pensare solo a operazioni aggreganti. Una volta di più c’è da immaginare che Siena vada per la sua strada senza ascoltare più di tanto le indicazioni romane di riferimento (cioè quelle del Bottegone). Anche se Mussari è considerato più di altri vicino al gruppo dirigente nazionale della Quercia.
Per saperne di più mancano altri tasselli. Manca il governo, per ora, e soprattutto il nome del ministro dell’Economia. In ogni caso va detto che l’influenza della politica, e dunque quella del nuovo governo sul processo di aggregazione, non potrà avere più di tanto rilievo. Poteri di veto, questi sì, hanno sempre il loro effetto.

Ma in un assetto bancario come quello attuale, dove i gruppi bancari candidati al risiko capitalizzano 3-4 volte di più di 4-5 anni fa, è ben difficile pensare a operazioni generate dal palazzo piuttosto che dal mercato e dagli equilibri industriali.
marcello.zacche@ilgiornale.it

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