I professionisti della poltrona: un esercito di 500mila eletti

Dal Parlamento europeo ai consigli di quartiere, chi siede in un’assemblea o svolge incarichi di consulenza ci costa 3 miliardi

Non è vero che l’ombelico della casta sia posizionato a Roma in quanto Capitale, capoluogo di Regione e Provincia nonché Comune e futura area metropolitana. Basta spostarsi di qualche decina di chilometri e si giunge a Palestrina, l’antica Praeneste , a due passi dai Castelli. Il Comune conta poco più di 20mila abitanti, ma si affida a un diret­tore generale che nel 2008 è stato retribuito con 84mila euro lordi e a un segretario gene­rale che di euro ne ha ricevuti 102mila. Sono due posizioni strettamente necessarie op­pure si potrebbe eliminarne una considera­to che Palestrina fa parte di una comunità montana? In ogni caso è difficile dare torto al presidente del Consiglio, Silvio Berlusco­ni, che ieri all’assemblea di Confcommer­cio ha sottolineato come in Italia esista «una popolazione che vive di politica non solo in Parlamento ma anche nelle Regioni, nelle Province e nei Comuni. Dovremmo almeno dimezzarla». Sarà un’impresa ardua. Dal Parlamento europeo fino ai consigli circoscrizionali nel nostro Paese circa 150mila sono interessati dal vortice delle cariche elettive. Da queste ultime discende a cascata un fiume di consu­lenze e incarichi. Il ministro Renato Brunet­ta, appena insediatosi due anni fa, fornì la cifra relativa all’intero 2006. Il loro numero era pari a 251.921 con un costo di 1.323.557.591 euro. Quattro anni fa è stato assegnato un incarico esterno per ogni 12,8 dipendenti pubblici a tempo indetermina­to. Nel 2007 ancora un piccolo incremento: 269.455 incarichi per un totale di 1.354.509.416,21 euro. Se si aggiungono i 25mila componenti di società e consorzi pubblici, inclusi quelli de­gli enti locali. La tribù delle poltronissime sale a quota 500mila unità. Il costo si avvici­na ai 3 miliardi di euro, ma se si andasse a guardare nelle varie pieghe dei bilanci qual­che altro miliardo potrebbe saltare fuori. D’altronde ci sono regioni come il Lazio che hanno aumentato il numero dei consi­glieri salito a quota 74. O società pubbliche come Firenze Fiera partecipata, tra l’altro, dalla Regione Toscana e dal Comune capo­luogo alle quali l’ex amministratore dovrà risarcire 1,6 milioni di euro. Insomma, quan­do si guarda a questi casi che cosa potrebbe risolvere il taglio di 4 mini-province proget­tato e poi cassato dal Codice delle Autono­mie? E che cosa si potrebbe fare per una sani­tà pubblica dove i primari sono nominati sulla base dell’appartenenza politica? Magari quando paesini di 228 abitanti co­me Roccafiorita, in provincia di Messina, hanno dodici consiglieri e tre assessori si può restare stupiti. Rimane basito anche chi legge le relazioni della Corte dei Conti sulla gestione veltroniana del Comune di Roma. Non tanto per la proliferazione dell’appara­to pubblico quanto per il fatto che le multe erogate ai cittadini che hanno parcheggiato in divieto di sosta sono servite a pagare gli stipendi degli stessi vigili urbani. Non si può fare moralismo un tanto al chi­lo, ma lo Stato deve dimagrire. Lo ha detto il premier e lo ha previsto anche la manovra biennale che già qualcuno sta cercando di smontare. Anche se i presidenti delle Regio­ni dovrebbero pur spiegare perché taglian­do i trasferimenti si tagliano automatica­mente i servizi mentre resta in piedi un siste­ma di circa 90mila dipendenti, uno ogni 717 abitanti.

E bisognerà capire perché il ministro Ga­lan, insediando il nuovo cda dell’Agea (l’agenzia che eroga i fondi Ue per l’agricol­tura), abbia dovuto ribadire che l’ente «de­ve scordarsi nuovi finanziamenti e nuove as­sunzioni » dinanzi alla richiesta di due nuovi dirigenti di prima fascia. I tre in organico co­stano già 470mila euro.

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