Politica

I traghetti nel mirino di Al Qaida

Secondo gli 007 le navi da crociera sono considerate «obiettivo altamente pagante»

Gian Marco Chiocci

da Roma

Nel mare di segnalazioni d’attentati, spesso vaghe o poco dettagliate, ve n’è una che in queste ore impensierisce le forze di polizia costrette agli straordinari da una nota dei servizi segreti che indica nei traghetti italiani «uno dei possibili bersagli» individuati da Al Qaida. L’Sos girato a questure, uffici antiterrorismo, comandi provinciali di carabinieri e Guardia di finanza, coincide con l’innalzamento dei controlli «invisibili» predisposti nei maggiori porti della Penisola. Le informazioni che starebbero all’origine dell’allerta nazionale, per ovvie ragioni, non vengono divulgate nella «circolare» ispirata anche da una serie di indicazioni di più agenzie di intelligence occidentali. L’obiettivo delle navi da crociera viene considerato «altamente pagante» dalla rete di Osama Bin Laden per l’importanza strategico-politica che il bacino del Mediterraneo ricopre, per il ritorno mediatico che un attacco così spettacolare produrrebbe nel numero dei morti e nella difficoltà dei soccorsi, per i riflessi catastrofici che andrebbero a ricadere - come la strage di Sharm el Sheikh insegna - sull’economia del turismo nazionale.
Che il network del terrore stia pensando a «diversificare le modalità d’azione», non è un mistero. Che stia pensando alle navi, è una certezza. E non solo per i clamorosi precedenti della Uss-Cole del 12 ottobre 2000, speronata nel golfo di Aden sul fianco sinistro da un barchino guidato da due kamikaze (le vittime furono 17, i feriti 39) o della petroliera francese Limburg esplosa due anni dopo sempre in acque yemenite (un morto). Ma perché più «soffiate» convergono nella direzione che l’intelligence marocchina ha sviluppato dopo aver sventato due attacchi - concepiti a Ceuta e Melilla - a bordo di potenti gommoni Zodiac da lanciare contro navi da guerra americane e britanniche ormeggiate nello stretto di Gibilterra. Con l’arresto del «pirata indonesiano» Ahmed Mullah Bebal, il regista della strategia marittima di Al Qaida è diventato Saud Hamund Al-Utaibi, ufficiale di collegamento di Osama in Arabia Saudita, «cervello» del duplice attacco Cole-Limburg e dell’attentato fallito in Nordafrica. Uno dei suoi fedelissimi, Abd al Rahim al Nashiri, nel 2003 ha spifferato alla Cia le numerose «opzioni marine» di Al Qaida per centrare imbarcazioni commerciali, civili, militari, piattaforme petrolifere, distaccamenti portuali, ivi compresa la creazione di squadre di sommozzatori per superare barriere galleggianti poste a difesa delle navi.
Se al «centro studi sul terrorismo di St. Andrews» in Scozia si è addirittura dibattuto di una sorta di vademecum per «kamikaze acquatici» (istruzioni su dove posizionare l’esplosivo fra la chiglia e la linea di galleggiamento a pieno carico, come maneggiare un lanciarazzi rpg a bordo di un motoscafo, eccetera) e se in Afghanistan sono state trovate le carte della simulazione di un attacco - peraltro già segnalato dalla Central Intelligence Agency nel dicembre del 2003 - alla nave da crociera Queen Mary 2, vi è da dire che gran parte delle scoperte sugli attacchi via mare sono opera di Scotland Yard e dell’Mi5, i Servizi di Sua Maestà. In un dossier di febbraio 2004 si rivelava come Al Qaida disponga di una vera e propria flotta, composta da 15 imbarcazioni, predisposte al trasporto di «dirty bomb». L’ammiraglio Alan West della Royal Navy ha confermato l’esistenza di alcuni piani d’attacco (probabilmente gli stessi segnalati recentemente all’Egitto dai Servizi Usa) per colpire battelli mercantili e militari fra il canale di Suez e Gibilterra. Dall’altra parte dell’Oceano, Marvin Cetron, consulente Fbi ha ammesso sia lo screening planetario su migliaia di sommozzatori, sia la ricerca coi satelliti di numerose navi sospette salpate da porti africani, asiatici, mediorientali.

L’allarme è alto, ma va detto che ogni impercettibile minaccia è vagliata anche dal Virtual regional maritime traffic center, una sorta di Grande Fratello nato da un’idea della Marina italiana per uno scambio informativo fra i vari Paesi su ogni cargo mercantile o nave passeggeri in transito nel Mediterraneo.

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