«I voli segreti della Cia li ha creati Clinton»

«La nostra intelligence ha il diritto di disattendere qualsiasi legge internazionale»

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

I «rapimenti» non li ha inventati Bush. E neanche i «rimpatri» in Paesi un po’ meno schifiltosi in materia di tortura. Insomma, la rendition. Lo rivela qualcuno che se ne intende, l’ex responsabile della «task force» americana incaricata di fare i conti con Osama Bin Laden. In passato, non adesso. Prima delle Torri Gemelle, non dopo. E quelle disposizioni non le aveva prese da un presidente repubblicano, bensì da uno democratico. Proprio lui, Bill Clinton. Correva l’anno 1995, il mondo, in genere, sapeva poco o nulla dell’esistenza di un eccentrico sceicco che, dopo aver combattuto contro i sovietici in Afghanistan, adesso l’aveva giurata agli americani. Tra quelli che sapevano di più c’era Michael Scheuer, un alto funzionario della Cia. E c’erano i vertici della Casa Bianca. Clinton sapeva della portata della minaccia, non gli ci voleva poi neppure tanta fantasia perché Bin Laden i suoi delenda America li aveva pronunciati anche in pubblico. Ed era già passato dalle parole ai fatti. Insomma, lo prendevano sul serio. Clinton se ne occupava personalmente e si intratteneva spesso sull’argomento con il consigliere per la Sicurezza nazionale Sandy Berger e con lo specialista del terrorismo Richard Clarke. Il risultato fu la decisione di ordinare alla Cia di «distruggere Al Qaida», la neonata organizzazione terroristica di Bin Laden. La Cia costituì ben presto una sezione speciale, che prese appunto il nome di «Unità Bin Laden» e nel 1997 nominò a presiederla Michael Scheuer, l’uomo che adesso ha vuotato il sacco.
Lo ha fatto in una lunga e dettagliata intervista al più autorevole settimanale tedesco, Die Zeit, nel numero che va oggi in edicola. Scheuer si leva alcuni sassolini dalle scarpe. Dopo anni di silenzio si lancia nelle polemiche. Con due bersagli: uno delineato con qualche volontaria vaghezza di linee (americano); l’altro spiccicato a chiare lettere: gli europei e in particolare i governi che di recente hanno protestato per le pratiche (i rapimenti e i trasferimenti) avvenute sul loro territorio. Scheuer li definisce in chiari termini «disonesti». Perché, dice, sapevano tutto. «Tutte le informazioni e tutti i documenti ottenuti negli interrogatori in questione li abbiamo comunicati ai Paesi che li riguardavano: la Spagna, l’Italia, la Germania, la Francia, la Gran Bretagna. E tutti ne hanno fruito perché le minacce riguardavano anche loro e così hanno potuto difendersi meglio».
L’ex «cacciatore» di Bin Laden racconta anche altri dettagli. Le operazioni non venivano condotte da agenti ufficiali della Cia («perché Clinton lo aveva proibito»), ma dai servizi segreti locali o alla polizia. I sospetti «rapiti» non sono mai stati trasportati su territorio americano, anche questo per divieto presidenziale in ossequio alla Costituzione. Solo più tardi, dopo la strage di New York e quando Scheuer aveva già lasciato il servizio, l’amministrazione Bush inventò la soluzione Guantanamo, una base sotto controllo Usa ma fuori dal territorio nazionale. «All’inizio - dice Scheuer - abbiamo preparato una lista segreta, poi ci siamo messi a cercare le persone indicate nei Paesi pronti a cooperare con noi. Dovevano essere persone provenienti da uno Stato pronto a riprendersele. Un procedimento molto complesso, portato avanti da un numero davvero ristretto di persone. E, al 90 per cento, un grande successo».
Scheuer ha qualcosa da dire anche a proposito della tortura: «Di solito non porta a grandi risultati. Le persone così interrogate dicono quello che ci si vuole sentir dire, molto spesso bugie. Oppure forniscono informazioni esatte, ma vecchie, che non servono a niente». Sono state violate leggi? Scheuer non ne è certo, ma pensa di no.

Questo perché «la Cia ha il diritto di disattendere qualsiasi legge di qualsiasi Paese, purché non si tratti degli Stati Uniti. Ogni servizio segreto agisce così. E comunque all’estero abbiamo sempre ottenuto la collaborazione delle autorità locali».

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