Le immagini sognanti di Mattia Ruggeri un universo fatto di emozioni e colori

Le immagini sognanti di Mattia Ruggeri un universo fatto di emozioni e colori

Da bambino, avrà avuto sì e no sette anni, suo padre non gli permetteva di fare i compiti perché voleva che giocasse. Di quelli si occupava lui, ma ogni giorno lo svegliava un'ora prima per fargli lezione con la complicità di una lavagna. E così Mattia Ruggeri (Bologna, 1970) è cresciuto scoprendo l'universo su pagine dall'inchiostro di gesso, che la mattina gli spalancavano nuove galassie mentre le vecchie diventavano polvere in un gesto. Di lavagne oggi Ruggeri ne ha molte sparse per l'Italia, ma una volta (di)segnate lascia che siano gli anni-polvere a fare il resto per un po' di tempo. E questo può essere di una trentina d'anni per un paio di stivaletti, che da sciame di lacci si sono sciolti in una nebulosa. Il buio che la circondava è andato però popolandosi di nuovi accidenti, perché ogni tanto Ruggeri trasloca i suoi mondi-lavagna con infinite attenzioni nel suo studio in un monastero fuori mano. Per svelare un tratto di gesso o aggiungerne un altro, donare un ricordo o un ritmo tracciando la posizione degli astri in quel momento. Ore in cambio di anni-polvere, di presenti e futuri: tutti impressi sulla lastra di un banco ottico e decantati tra filtri e plotteraggio per visioni dal nitore astrale. Il suo gesso è la luce con la quale oltre a seguire i segni del tempo su quegli universi-lavagna che non sono altro del conoscibile, traccia le coordinate delle sue avventure. L'anno scorso è partito con la famiglia per un viaggio: ed ecco in un'impressionante definizione le rughe del cruscotto della sua vettura popolarsi di presenze e indizi in un vetro che si spalanca verso l'infinito. Perché era quello verso cui alzava, bambino, lo sguardo, nella caducità del gesso sullo spazio buio ma conchiuso della lavagna. Quella adesso è il cosmo infinito, che indaga portandolo nel suo studio, in un armadio o sulle crepe di un casale perso nella campagna su cui dirige per ore l'obiettivo. E che cosa sarà, tra lame di luce e filtri colorati, come un vero alchimista lo ignora lui stesso fino all'ultimo atto. Noi, un po' viziati, ci lasciamo perdere, ritrovare e sognare in quell'ultimo atto da Vision Quest Contemporary Photography (piazza Invrea 4 r, Genova, fino al 24 gennaio 2009) sbirciando le «ricette» di queste alchimie trascritte nella precisione sulfurea del lapis e le tirature pensate ad hoc per Natale.

Nessun mistero sui meccanismi d'azione, ma come Ruggeri riesca a portare le tempeste dei nostri cieli al tatto in un'immagine resta ignoto. Come quel caos meravigliosamente barocco e altero che sono la vita e le sue superstizioni, dove misura e metodo seducono la conoscenza ma non il vedere. Per quello c'è solo il torcicollo.

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