Insegnante di religione: «Io, vittima del bullismo dei colleghi professori»

Caro direttore,
volevo mettere a conoscenza la vostra redazione di quello che succede nell'Istituto professionale Guido Galli di Bergamo. Sono un insegnante di religione cattolica e insegno lì da più di 23 anni ma mai come in questo periodo trovo tanta difficoltà a vivere in questo ambiente. Si parla tanto di atti di bullismo tra gli studenti italiani ma devo confessare che anche tra i professori della scuola italiana c'è del bullismo vero e proprio. Ultimamente mi capitano cose assurde del tipo che dei miei colleghi mi minacciano di non nominare il nome di Dio a scuola in quanto molti di loro si dichiarano materialisti, atei e agnostici. Qualche giorno fa uno di loro mi ha minacciato nei corridoi della scuola: non dovrei esprimere nessun giudizio, in quanto rappresentante della Chiesa cattolica. Io noto nei miei riguardi una forma di ostilità che a volte rasenta la follia. Gli argomenti che io quotidianamente registro sul giornale di classe sono all'attenzione e alla critica dei colleghi e qualcuno dopo le mie lezioni si è permesso di dire agli studenti che non devono prestare attenzione agli argomenti da me proposti invitando gli alunni a ribellarsi e a saltare le mie lezioni. Dagli studenti, per la verità, sono molta amata, con loro non ho mai avuto problemi significativi. Ma bisogna fare qualcosa per il bullismo dei professori...

Una denuncia precisa, circostanziata, firmata con nome e cognome: Elisabetta Sturiale sostiene che nell’istituto Galli di Bergamo dove insegna religione da 23 anni la vita per lei si è fatta insopportabile. Non tanto per i sempre temuti atti di bullismo degli studenti quanto per gli atti di arroganza dei colleghi professori. Naturalmente non abbiamo controprova e quindi ci limitiamo a registrare la denuncia (ripetiamo: circostanziata e firmata) senza voler arrivare a facili sentenze. Ma ci basta per porre una domanda essenziale: che cosa è cambiato in quella scuola negli ultimi anni? Come mai la presenza dell’insegnante cattolico, da pacifica che era, è diventata ingombrante? Perché all’improvviso viene percepita come fastidiosa dai colleghi? Perché parlare di Gesù Cristo e della religione è diventato così «pericoloso» o imbarazzante? Non credo che nell’istituto Galli di Bergamo ci siano professori particolarmente bulli. Credo piuttosto che stiamo assistendo, dappertutto, a un attacco alle nostre radici cristiane. Fateci caso in questi giorni: nelle scuole, ormai, è normale insegnare che a Natale nasce Cappuccetto Rosso o il Mago dei doni e il presepe è diventato una specie di «villaggio globale» dove ci sta un po’ di tutto, dal minareto alle donne col burqa. Tranne Gesù, s’intende. Si capisce: Gesù può dare fastidio. Per i nostri scolari è tutto un fiorire di mielosa integrazione: ci sono i menù etnici, i percorsi interculturali, kebab, couscous, melting pot gastronomici e didattici, approfondimenti tematici e studi comparati. Motivazione: bisogna conoscere le culture altrui. Perfetto. Ma quando, qualche tempo fa, la provincia di Bolzano ha approvato la legge che dà, come indirizzo educativo alle scuole, la «diffusione della cultura europea, fondata su radici cristiane» è scoppiata una mezza insurrezione. E c’è chi, come lo scrittore Vassalli, ha tirato in ballo lo «spirito della Controriforma». Dunque, se capiamo bene: a scuola si possono studiare tradizioni e radici culturali, a patto che che non siano le nostre.

Si rassegni al bullismo.

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