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Intercettazioni, la stampa non ci sta "Niente carcere per i giornalisti"

Scontro tra i Poli: il decreto slitta a dopo Pasqua. La Fnsi: «Pronti alla protesta». Lo Sdi: "Facile colpire i cronisti, meglio cercare chi non rispetta il segreto d'ufficio"

Intercettazioni, la stampa non ci sta 
"Niente carcere per i giornalisti"

Roma - Le forze politiche non trovano l’accordo sul disegno di legge Mastella sulle intercettazioni e slitta l'esame del provvedimento nell’aula della Camera. Vi arriverà dopo Pasqua, o meglio dopo il 17 aprile, visto che la prossima settimana non sarà possibile. È il risultato di un muro contro muro tra maggioranza e opposizione, con An e Fi che si rifiutano di votare il testo se non saranno inasprite le sanzioni per i giornalisti e la sinistra estrema che si oppone al carcere per i cronisti.
Le sanzioni di cui si parla sono durissime, con l’arresto fino a 3 anni e multe fino a 500mila euro. E i giornalisti reagiscono duramente: c’è chi propone uno sciopero immediato e chi si appella al governo perché conduca una mediazione con le forze parlamentari.
Paolo Serventi Longhi, segretario della Federazione della stampa, chiede a Parlamento e ministro della Giustizia di dialogare ed «evitare lo scontro» con la categoria, che sarebbe altrimenti chiamata a una protesta «forte e determinata». Per lui, l'introduzione di «nuove e pesanti sanzioni» per i giornalisti sarebbe «un grave attentato al diritto di cronaca e alla libertà di informare». I diversi partiti e il guardasigilli Mastella, per il presidente della Fnsi hanno «il dovere» di evitare una forte contrapposizione con il mondo dell'informazione e le organizzazioni dei giornalisti.
L’avvertimento è chiaro: se l’assemblea di Montecitorio introdurrà le pesanti sanzioni detentive e le multe salatissime per i giornalisti, con il provvedimento sulle intercettazioni telefoniche legali e illegali, la Fnsi valuterà con l'Ordine professionale quali contromisure adottare per esprimere la protesta della categoria. Categoria, ricorda Serventi Longhi, che è già esacerbata perché «duramente colpita» dal rifiuto degli editori a rinnovare il contratto e dagli attacchi al proprio sistema previdenziale. «I giornalisti - dice - sono tenuti a rispettare le leggi e a pagare il prezzo degli errori che commettono, ma il loro comportamento non può essere soggetto a provvedimenti come il carcere o multe fino a 500mila euro comminati da organismi come la magistratura e le Autorità di garanzia estranei al regime di autoregolamentazione deontologica, gestito dall'Ordine professionale». La Fnsi auspica, insomma, che si riapra il dialogo in Parlamento e che «una iniziativa finalmente moderatrice del governo» convinca le forze politiche «a smentire con i fatti le voci sempre più preoccupanti che si vanno diffondendo».
Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, è convinto che quella tra Unione e An-Fi sia una «finta lite». «Sinistra e destra - dice - sono d'accordo: anni di galera ai cronisti che pubblicano le “carte” dei giudici. Non è il caso che la Fnsi proclami uno sciopero immediato? I direttori dei grandi giornali dormono: non è il momento di alzare la voce sull'inciucio Prodi-Berlusconi-Fini?».
In commissione Giustizia di Montecitorio è andato in scena lo scontro tra i due Poli e martedì si è capito che difficilmente il provvedimento sarebbe approdato in aula prima di Pasqua. La mediazione del presidente del gruppo dell’Ulivo Dario Franceschini ha avuto scarsi risultati e sono rimaste distanti le posizioni di An e Fi da una parte, e di Prc, Pdci e Verdi dall’altra, sulle sanzioni per i giornalisti che pubblicano stralci di intercettazioni o documenti utili al processo ma non coperti dal segreto istruttorio. L’Unione chiedeva, secondo il testo unificato, l’arresto fino ad un mese o la multa di 258 euro. Ma An e Fi volevano un ulteriore giro di vite: la prima, la detenzione fino ad 1 anno e gli azzurri un’ammenda fino a 500mila euro, secondo l’emendamento di Gaetano Pecorella. Sul resto ci sarebbe l'accordo bipartisan. Per le intercettazioni illecite, da 1 a 3 anni di carcere per la «visione abusiva» di atti coperti da segreto istruttorio e da 6 mesi a 4 anni per attività di dossieraggio o pubblicazione. Se commette il reato un magistrato, la pena sarebbe da 1 a 5 anni di carcere. Per le intercettazioni lecite, invece, la pena detentiva sarebbe da 6 mesi a 3 anni se c’è violazione del segreto del procedimento penale e fino a 1 anno se si tratta di pubblicazione colposa.


«È troppo facile - protesta Enrico Buemi, responsabile Giustizia dello Sdi-Rnp - colpire il giornalista: bisogna cercare coloro che non rispettano il segreto a cui sono tenuti in ragione del loro ufficio».

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