Il Csm fa muro per salvare Boccassini

C'è un'altra denuncia contro Ilda, la Dna la accusa di tenere nascoste le indagini. Ma il Csm vuole insabbiare

Il Csm fa muro per salvare Boccassini

Roma - Un muro. Per difendere il procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati e il suo aggiunto di fiducia, Ilda Boccassini, i togati di sinistra, appoggiati dai laici Pd, respingono ogni iniziativa per andare più a fondo nella palude dello scontro tra pm meneghini, dopo l'esposto di Alfredo Robledo.
Le commissioni interessate, la Prima per le incompatibilità e la Settima per l'organizzazione degli uffici, non solo hanno detto no a ogni ulteriore audizione di magistrati, ma hanno anche respinto il tentativo di inserire nel fascicolo una vicenda parallela, dagli aspetti molto gravi: la denuncia della Procura nazionale antimafia di forti resistenze del pool guidato dalla Boccassini alla collaborazione con scambio di dati e informazioni. Milano si sarebbe chiusa da anni nel suo fortino, rifiutando di riconoscere l'attività di coordinamento dell'ufficio di Roma e di concordare con le altre Dda indagini comuni.
A Palazzo de' Marescialli uno dei consiglieri, Antonello Racanelli (Magistratura indipendente), facendo parte di ambedue le commissioni, chiede alla Prima di acquisire nella pratica Bruti-Robledo le audizioni fatte in Settima il 6 maggio al procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e al suo vice Filippo Spiezia, delegato al collegamento con la Dda di Milano, che ha lasciato il suo posto dopo aver denunciato le «criticità» con «Ilda la rossa», sempre appoggiata da Bruti. Spiezia parla al Csm di «visione accentrata delle informazioni» nel pool antimafia, che confligge con «il concetto di circolazione delle informazioni», malgrado «precisi obblighi di legge». La Boccassini, afferma, «manifestava perplessità connesse a ragioni di sicurezza e riservatezza in relazione alla implementazione della banca dati nazionale». Racconta di riunioni da cui fu sempre escluso, di notizie tenute gelosamente nascoste, di ostacoli ad indagini in più regioni, di lamentele di pm della Dda che non sapevano di quello che faceva il collega della porta accanto, del suo «disappunto» per un monitoraggio sul territorio lombardo del luglio 2013 che non gli fu mai comunicato. E si dice «molto sorpreso» del fatto che Bruti al Csm abbia riferito, a proposito delle sue difficoltà: «Il problema è stato con me». Mentre gli attriti di Spiezia erano con la Boccassini, che lo tagliava fuori. Il magistrato ricorda anche una frase della collega Anna Canepa, che era stata al suo posto a Milano e vi tornò dopo lo scontro. Alla sua domanda: «Ma tu partecipi alle riunioni?», rispose: «E provaci tu se ci riesci!». Roberti condivide le critiche di Spiezia: «Se noi della Dna - dice al Csm - non siamo messi in condizione di conoscere tempestivamente, continuativamente e con completezza i contenuti delle indagini, come facciamo poi a fare il collegamento?».
La pratica sulla vicenda, aperta dopo un articolo de Il Giornale, per Racanelli poteva far luce su aspetti importanti della gestione della Procura. La questione non è forse la stessa: il capo fa il bello e il cattivo tempo in procura, privilegiando, anche a costo di violare le regole, il rapporto con pm come la Boccassini e Francesco Greco? Eppure, giovedì i due togati di sinistra Paolo Carfì (Md) e Francesco Vigorito (Mg), con il laico Pd Glauco Giostra, riescono a bloccare la richiesta di Racanelli.

Premono per l'archiviazione delle accuse e vogliono tenere distinte le due questioni. Forse in Settima commissione Bruti si salverà, ma in Prima la situazione è ben più delicata e si potrebbe arrivare ad un trasferimento. Meglio non mettere altra carne al fuoco.

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