RomaOltre un milione di famiglie italiane è senza reddito da lavoro. Il preoccupante dato reso noto dall'Istat pone una seria ipoteca sul dibattito dell'aula della Camera che da oggi dovrà tradurre in legge il decreto lavoro. Si tratta di uno dei pilastri del Jobs Act del premier Matteo Renzi che però è uscito stravolto rispetto alle previsioni iniziali ed è stato «addomesticato» alle esigenze della Cgil. Tanto gli alfaniani di Ncd, almeno per ricordare la propria appartenenza al centrodestra, quanto Scelta civica, almeno per ricordare la propria esistenza, hanno promesso battaglia e l'approvazione non è per nulla scontata. Si fa, perciò, strada l'ipotesi della fiducia per blindare il testo.
Ma andiamo con ordine. Le rilevazioni effettuate dall'istituto di statistica hanno evidenziato che nel 2013 sono state 1,13 milioni le famiglie senza reddito da lavoro. Di queste più della metà (598mila) sono al Sud mentre 343mila risiedono al Nord e 189mila al Centro. Rispetto al 2012 il dato è in crescita del 18 per cento (955mila). Il confronto con il 2011 è ancor più impietoso (+56,5%). A seconda delle caratteristiche dei nuclei familiari, si osserva che 491mila sono le famiglie senza reddito con figli e 83mila quelle senza figli, mentre sono 213mila quelle monogenitore.
La drammaticità delle statistiche rende ancor più impellente una riforma del mercato del lavoro che sblocchi i vincoli alle assunzioni. Ma su questo tema le proposte renziane si sono impantanate la scorsa settimana in Parlamento. La sinistra del Pd ha pesantemente modificato il testo in commissione Lavoro alla Camera e ha votato autonomamente le modifiche. I cambiamenti più rilevanti riguardano la forte limitazione alle proroghe dei contratti a tempo determinato. Si è infatti passati dalle 8 proroghe in 36 mesi alle 5 del nuovo testo: ciò implica che al sesto rinnovo di un contratto temporaneo scatta l'assunzione obbligatoria a tempo indeterminato. Inoltre i lavoratori a tempo determinato non potranno superare la soglia del 20% di quelli fissi pena - anche in questo caso - l'obbligo di assunzione. Anche l'apprendistato è stato trasformato in una trappola: le aziende con più di 30 dipendenti dovranno assumere almeno il 20% di apprendisti prima di poter stipulare nuovi contratti.
Insomma, più che dal nuovo corso renziano queste norme sembrano provenire dai vecchi rottami bersaniani. Il problema è che il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, non ha alzato la voce nei confronti del proprio partito (pur non essendo parlamentare, è sempre l'ex presidente delle Coop rosse che al Pd fanno riferimento). E così i pasdaran come l'ex ministro Cesare Damiano sono tornati a ruggire. «È un importante punto di equilibrio», ha dichiarato «avvisando» gli altri componenti della maggioranza.
Ma è proprio su questo terreno, come detto, che Ncd e Scelta civica
contano di farsi sentire. «Si ripristini il testo del governo», ha tuonato Maurizio Sacconi. Ma Forza Italia è scettica. «Cosa ci si può aspettare da un governo di sinistra?», ha chiesto Daniela Santanché ai suoi ex colleghi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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