RomaFinire nella tranquilla procura di Aosta, lontano dagli intrighi politico-mafiosi? No, Antonio Ingroia proprio non ci sta. E insorge contro la decisione del Csm, che gli ha negato l'ok per dirigere in Sicilia la società che riscuote le tasse e vuole trasferirlo nell'unico collegio dove non si è candidato come leader di Rivoluzione civile.
Lo dice la legge, ma l'ex pm che ha tanto predicato una giustizia uguale per tutti, umili e potenti, noti e meno noti, pretende ora una deroga alle regole per se stesso. Si dice «sconcertato» e parla di scelta «dal sapore punitivo», di «trattamento ingiusto» o forse ritorsione «politica». E la sua «storia»? Quella di «un magistrato che per 25 anni ha dedicato la propria vita e la propria attività alla lotta alla mafia»? Secondo lui, il Csm ha scelto di non «mettere a frutto» la sua esperienza e «valorizzare» la sua professionalità, «anche con una punta di disprezzo nei confronti del lavoro di questi anni».
La prossima mossa l'annuncia con due no, che sono due scelte probabili. «Per ora» non ci pensa alle dimissioni, anche se «magari qualcuno lo vorrebbe». E il ricorso al Tar lo valuterà a freddo, dopo la notifica del provvedimento del Csm. «Non si esclude mai nulla», avverte.
In mattinata il plenum di Palazzo de' Marescialli ha formalizzato la destinazione ad Aosta. Doveva fare il giudice, perché chi torna in magistratura dopo un'esperienza politica deve cambiare funzione, ma in tribunale sarebbe stato in sovrannumero e i togati di Magistratura indipendente hanno insistito perché coprisse l'unico posto vacante in Procura. Con 19 sì e 7 astenuti è passata la piccola deroga alla circolare interna, a favore della funzionalità della macchina giudiziaria, non del singolo magistrato.
Ma Ingroia si appiglia a questo per fare la vittima e polemizzare, soprattutto per i suoi sparuti fan. «Perché si parla di alcune regole come se fossero inflessibili? Lo stesso Csm le ha violate e mi manda a fare il pm e non il giudice. Perché allora non fare un'eccezione alla regola sulla destinazione?».
In alternativa al posto da esattore in Sicilia, Ingroia voleva ben altro. Ora lo dice chiaro: un incarico alla Super-procura nazionale antimafia, senza concorso e magari scavalcando la lunga fila di colleghi in attesa. O almeno una poltrona in qualche significativa Direzione distrettuale antimafia.
Per prendere tempo ieri aveva chiesto via fax di essere ascoltato dal Csm, prima della decisione definitiva. Invece, si è andati al voto come previsto.
«C'è un orientamento contrario ad un ritorno della pratica in Commissione e a un'audizione in plenum», ha spiegato il vicepresidente Michele Vietti. Roberto Rossi, presidente della III Commissione che ha negato l'aspettativa per l'incarico siciliano, conferma che l'unica cosa che si poteva fare era ritirare la proposta di trasferimento al Tribunale di Aosta e mettere ai voti quella per la Procura. Così si è fatto e Ingroia può tornare a fare il pm, nella Valle.
Peccato che per lui sia un'offesa. Tanto che da Aosta il procuratore capo Marilinda Mineccia un po' offesa precisa che anche lì, nel nord alpino, il lavoro delle toghe è «utile».
Della reazione di Ingroia si sorprende Bartolomeo Romano, relatore del caso in Commissione: «Abbiamo letto tutti le sue dichiarazioni sui giornali: diceva che il Csm non aveva altra via che trasferirlo ad Aosta, unica circoscrizione in cui non si è candidato. L'abbiamo fatto e lui disconosce le sue parole». Quanto alla funzione, per Romano è meglio che torni a fare il pm, visto che è ben difficile vederlo come giudice imparziale.
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