di Marcello Zacché
Quanto vale, in punti di spread, la decisione del Consiglio di Stato che ha annullato a Milano l'Area C, cioè l'ingresso in centro a pagamento? Cento? Duecento punti? Chi lo può dire? Ma non sembri strano questo ragionamento, perché è quello che stanno facendo gli investitori stranieri che fuggono a gambe levate dal nostro Paese.
Accade che nella seconda città della quarta economia europea e settima al mondo, una delibera dell'amministrazione locale democraticamente eletta, presa per di più dopo un referendum, viene annullata da un giudice in seguito al ricorso di un garage. Nella fattispecie trattasi di Consiglio di Stato, il secondo grado di giudizio nel diritto amministrativo, mentre il garage si chiama Mediolanum srl. Ma poco importa. Né è pertinente come la si pensi sull'Area C di Milano. Ieri qualcuno, in città, specie i negozianti (e di certo molti garagisti), facevano festa. Ma non è questo il punto: indipendentemente da chi è pro e da chi è contro, non deve esistere, in un Paese che intenda stare sul mercato, una storia come questa. Non può esistere l'incertezza, perenne, dell'iniziativa privata o pubblica. E, in definitiva, l'incertezza stessa del diritto. Non è possibile che, tanto nel pubblico quanto nel privato, ci possa sempre essere da qualche parte un giudice che in tre gradi di giudizio sia potenzialmente in grado di cambiare le carte in tavola. Cosa potrà pensare, stamattina, un investitore finanziario o industriale, cinese o arabo o russo che, per avventura, si mettesse a leggere un quotidiano italiano nel Paese dove sta valutando una qualsivoglia intrapresa. Egli, in un crescendo di incredulità, oltre alla storia dell'Area C, apprenderà anche che a Taranto il gip Patrizia Todisco ha ordinato il sequestro e il blocco degli impianti dell'Ilva, colosso dell'acciaieria, causando l'esodo di duemila operai costretti ad andarsene a casa. Mentre nelle pagine di cronaca scoprirà un fatto non economico, ma comunque ben indicativo sull'efficienza del nostro sistema giudiziario. E cioè che in provincia di Bergamo, i giudici che da un anno e mezzo cercano l'assassino della tredicenne Yara Gambirasio, hanno ieri ordinato un censimento di tutti i nati tra il 1930 e il 2000 e residenti in decine di Comuni della provincia alla ricerca di non meglio precisate caratteristiche personali (faranno a qualche migliaia di persone tra i 12 e gli 82 anni l'esame del Dna?).
Se lo stesso investitore si interessa di Italia da qualche mese avrà nel frattempo sentito almeno altre due storielle interessanti. La prima risale al marzo scorso, quando British Gas, dopo 11 anni passati ad aspettare autorizzazioni e permessi bloccati ancora una volta dai ricorsi ai tribunali amministrativi, ha rinunciato al progetto del rigassificatore di Brindisi, 800 milioni di investimento per mille posti di lavoro. Lo stesso impianto, progettato contemporaneamente anche in Galles, è operativo da 9 anni. Seconda storiella quella di Pomigliano d'Arco, dove in giugno un giudice del lavoro di Roma ha imposto alla Fiat l'assunzione di 145 operai perché iscritti alla Fiom, sindacato non rappresentato in fabbrica e quindi discriminato dall'azienda. Il che, in buona sostanza, significa che in Italia può accadere che il livello occupazionale di un impianto produttivo non lo decide l'azienda, ma il Tribunale.
«Non vorrei mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me», diceva Groucho Marx. Così c'è ormai da chiedersi perché mai noi italiani dovremmo investire i nostri risparmi in un Paese come questo.
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