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Landini smemorato: se la prende con la privatizzazioni. Ma le fece la sinistra

Maurizio Landini critica le privatizzazioni. Ma tutte le politiche economiche più contestate dalla Cgil sono state portate avanti dal centrosinistra...

Landini smemorato: se la prende con la privatizzazioni. Ma le fece la sinistra

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“Le annunciate privatizzazioni, come ci insegna il passato, non aiutano il Paese anzi lo indeboliscono sul piano industriale”. Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, intervistato oggi da Repubblica, rivendica il ruolo del suo sindacato che non si è mai limitato a rappresentare i suoi iscritti "ma i cittadini ovunque vivono". Rivendica, in pratica, il diritto di mettere bocca su ogni scelta economica del governo, compresa quella di avviare una nuova fase di privatizzazioni pari all’1% del Pil.

Landini critica le privatizzazioni degli anni Novanta, ma si dimentica di ricordare che furono portate avanti dal centrosinistra. In Italia, infatti, si è iniziato a parlare di dismissioni del patrimonio pubblico solo a metà degli anni Ottanta quando a capo dell’Iri c’era Romano Prodi. La vendita della Sme viene, però, bloccata nel 1985 dall’allora governo Craxi, mentre l’anno successivo va in porto la privatizzazione di Alfa Romeo. Nel 1992, sotto il governo Amato, l’Eni, l’Enel e le Ferrovie dello Stato diventano una società per azioni. È però nel 1993, con Carlo Azeglio Ciampi a Palazzo Chigi e Prodi nuovamente alla guida dell’Iri, che ha realmente inizio l’era delle privatizzazioni. Il gruppo Sme viene smembrato e i singoli comparti vengono ceduti a vari gruppi privati. A metà anni ’90 sono i governi di centrosinistra, presieduti da Romano Prodi, Massimo D’Alema e di nuovo da Giuliano Amato, a completare l’opera di totale privatizzazione dell’Iri. Nel 1997 la società di telecomunicazioni Tim, l’ex Sip, fa il suo esordio in borsa e due anni dopo viene acquistata dal gruppo Olivetti e Roberto Colaninno ne diventa il presidente e amministratore delegato. Un’operazione che è stata spesso contestata da più parti tant’è vero che il governo Meloni ha provveduto a prendere il controllo della rete acquisendo il 20% di Netco.

È quasi superfluo ricordare che le prime liberalizzazioni del mercato del lavoro sono quelle contenute nel cosiddetto “pacchetto Treu”, ribattezzato così dal cognome del ministro del primo governo Prodi che legalizzava di fatto il lavoro interinale in Italia. L’altra contestatissima riforma del mercato del lavoro invisa da Landini è il Jobs Act introdotta dal governo Renzi e che il segretario della Cgil vorrebbe abolire con un referendum. Poi c’è il capitolo salario minimo.

Anche qui c’è una grandissima contraddizione perché Landini (che fino a non molto tempo fa era contrario a questa misura) pretenderebbe che sia un governo di centrodestra ad approvare una misura che vuole l’opposizione e che il centrosinistra, negli 11 anni in cui ha governato, non ha mai varato.

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