Egregio Direttore,
nel maggio scorso ho compiuto 65 anni. Ben consapevole che il traguardo raggiunto (e grazie a Dio di averlo comunque raggiunto) non apre le porte verso aspettative entusiasmanti, ho cercato di cogliere il lato positivo dell'evento commentando: beh che fortuna! D'ora in avanti potrò andare al museo a tariffa ridotta.
In uno dei notiziari tv ho sentito la notizia che il ministro dei Beni e delle Attività culturali eliminerà dalle abitudini dei vecchi (ma sì, chiamiamoli col loro nome) un simile esorbitante privilegio: niente sconti, paghino come tutti, perché ai giorni nostri le condizioni economiche disagiate non sono correlabili con l'età.
Spero di avere capito male, ma ho il sospetto che la cosa andrà in porto senza se e senza ma. I conti dello stato torneranno così, finalmente, a respirare aria di ripresa e saremo tutti felici e benestanti.
Avrei un milione di commenti da fare, primo tra tutti il fatto che abbiamo sentito più volte affermare l'inutilità di ridurre le spese, ad esempio, del parlamento o del Quirinale, perché non sarebbero certo risolutive per i problemi del bilancio pubblico. Ma guarda un po': il costo dei biglietti pagati dagli over 65 nei vari musei nazionali saranno invece determinanti per avviare meccanismi virtuosi di ripresa.
Ma non è questo il punto. L'osservazione che faccio con amarezza e rabbia è che sono ormai davvero tanti i segnali di insofferenza nei confronti di chi ha ormai poco da dare sul piano produttivo: il ricorrente uso del verbo rottamare, la compiaciuta esibizione dei record anagrafici - al ribasso - del premier e della sua squadra (salvo andare a farsi dare l'imbeccata un giorno sì e uno no dal non più giovanissimo signore del Colle), i frequenti cenni a quanto pesano sulle spalle delle generazioni attive le nostre pensioni, per altro conquistate onestamente e regolarmente a suon di contributi non esattamente a buon mercato Per non parlare degli 80 euro dati a chi ha comunque uno stipendio non da «incapiente», mentre calava irreversibilmente il silenzio sul fatto che tra i primi provvedimenti dell'ineguagliabile professor Monti c'è stato il blocco degli aggiornamenti delle pensioni superiori ai mille euro al mese: ed è superfluo ricordare cosa è accaduto in tre anni al potere d'acquisto delle nostre mensilità, per altro ben lontane da quelle corrisposte a lorsignori dei vari Palazzi.
Giovane vale, insomma, vecchio no: una rivoluzione copernicana rispetto alle civiltà che fondavano sulla saggezza dei seniores le scelte di vita individuali e collettive.
Oggi quest'altro dispetto. Dispetto, indelicatezza, segnale di ingratitudine: un fatto più psicologico che economico, certamente: quasi a dire che noi vecchi non meritiamo proprio niente, neanche l'attenzione/elemosina di concederci quelle piccole carezze culturali cui normalmente non abbiamo potuto accedere in gioventù perché non c'erano soldi e nella maturità perché bisognava lavorare per preparare il mondo a chi veniva dopo di noi.
La mia vita non cambierà. Non posso comunque permettermi per ragioni logistiche la frequenza quotidiana ai musei. Pagherò quindi il dovuto, come sempre, se e quando potrò varcare la porta di una galleria d'arte o di storia.
E continuerò a fare stupidamente, finché ne sarò in grado, quello che ho sempre fatto in aggiunta al mio lavoro quotidiano: prestare gratuitamente la mia collaborazione, ancorché irrilevante, nel volontariato culturale e sociale illudendomi di fare qualcosa di buono affinché i giovani possano beneficiare di un mondo un pochino migliore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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