«Il partito dei cattolici? Non esiste»

«Il partito dei cattolici? Non esiste»

Roma Della famosa convention di Todi 1, che doveva essere il laboratorio di un nuovo protagonismo dei cattolici in politica, è stato una delle star. Oggi però Giuseppe De Rita, fondatore del Censis, sociologo di fama ed editorialista del Corriere della Sera, guarda con scetticismo ai lavori in corso attorno al nuovo «grande centro».
Professore, che giudizio dà del tentativo di Casini di costruire un nuovo partito centrista coniugando montismo, sigle partitiche, rappresentanze sociali e associazioni di stampo cattolico?
«Normalmente preferisco non fiatare su questi argomenti, ma mi lasci dire una cosa».
Prego.
«Quella di cui si discute può sicuramente essere un'operazione tatticamente interessante. Ma non credo possa avere il fiato, il respiro, l'ambizione che il mondo cattolico e il paese stesso si aspettano».
Perché?
«Ipotizzare un partito che metta insieme il montismo col mondo cattolico significa non capire che il mondo cattolico è strutturalmente per la rappresentanza, mentre una certa tecnocrazia internazionale pensa che il parlamento, anche quello tedesco, sia un ingombro; che i sindacati vadano sciolti prima possibile; che gli ordini professionali debbano andare a morire ammazzati... Sono due mondi tra i quali esiste potenzialmente uno scontro drammatico, metterli insieme mi sembra contradditorio».
Lei però ha partecipato al meeting di Todi, e condivide l'idea che ci sia la necessità di un protagonismo anche politico dei cattolici.
«La politica italiana si è drammaticamente impoverita negli ultimi 20 anni, e c'è un bisogno fottuto - me lo lasci dire - di qualche idea fondante, oserei dire fondamentalista, di gruppi forti, anche se di minoranza. Di fedi, in un certo senso: negli ultimi 50 anni sono andate tutte a pallino, non c'è più la cultura comunista dei Chiaromonte e dei Berlinguer; è ridotta a nulla la minoranza laica erede del partito d'Azione; le realtà politiche cattoliche si sono sfaldate. C'è una società aperta e debole al tempo stesso che aspetta risposte forti».
Pensa che ci sia una domanda di «partito cattolico»?
«Credo ci sia un'esigenza collettiva di risposte politiche da parte di una realtà cattolica e di una dimensione di fede che è fortissima e pervasiva nel sociale, dalla Cisl alle Acli alle cooperative, ma è debole in politica. Credo che anche il più laicista dei laicisti sarebbe contento di potersi confrontare sul piano politico con un'identità cattolica forte, con gli attributi. Molti chiedono a questa realtà di darsi una mossa. Resta aperta la questione del come: insieme o dispersi?».
A Todi, un anno fa, si parlò proprio della possibile rinascita di una unità politica. Cosa non ha funzionato?
«Ricordo che c'erano decine di giornalisti che aspettavano fuori dalla porta l'annuncio del parto di un nuovo partito cattolico. Non è avvenuto allora, e rischia di non avvenire ora. Per diverse ragioni: intanto perché il mondo cattolico, paradossalmente, è più ricco del mondo politico. Ci sono milioni di persone che vanno a messa e militano in associazioni sociali, professionali, culturali. È una grande realtà vitale, e molti si chiedono: perché ridurla ad un fatto politico? Si rischia di tornare ad una dimensione limitata del cristianesimo, c'è una forte resistenza ad essere ridotti a parte, perdendo in sostanza».
E gli altri ostacoli?
«Per larga parte dei cattolici conta molto più la “civitas”, la comunità intesa come società aperta e creativa, che le élite che diventano protagoniste della politica. A Todi c'erano già molti singoli che dicevano: “Io comunque voglio entrare in politica, con o senza partito”. A destra o a sinistra o al centro. C'è una fretta dei singoli che contrasta con i tempi lunghi di costruzione di un partito. Posso evocare un aneddoto?».
Prego.
«Adriano Ossicini incontrò Alcide De Gasperi, che lo invitò a far confluire il suo Movimento della sinistra cristiana in “qualcosa di più grande, che dovremo costruire dopo il fascismo”. Sa che anno era?».
No, che anno era?
«Il 1939: mancavano quattro anni alla fine del fascismo, sei alla fine della guerra. Eppure quell'oscuro bibliotecario trentino in Vaticano già preparava il post-fascismo e la fondazione della Dc. Ora invece si pensa che un nuovo partito cattolico possa essere fatto in qualche mese, in tempo per le prossime elezioni e grazie alla rapida benedizione dei vescovi. Invece dovremmo darci il tempo giusto per lavorare. E trovare un “federatore”, come fu allora De Gasperi».
Tra qualche mese comunque si voterà: cosa prevede che accadrà?
«Ci sarà la corsa libera di una decina almeno di leader cattolici sparsi in varie formazioni. Poi si vedrà se si riuniranno o si combatteranno. A Todi avevo proposto una sorta di “Dieta cattolica”, una grande riunione biennale in cui fare il punto ed elaborare proposte. Non fu accettata. Ma continuo a pensare che i tempi lunghi siano necessari.

Anche perché neppure a livello ecclesiale c'è una adeguata capacità di ispirare la politica: non c'è un Montini, c'è Bagnasco, che pur con il suo acume e la sua intelligenza non può far altro che auspicare ricorrentemente una “dimensione politica” dei cattolici».

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