Perché la legge Severino è incostituzionalel'intervento »

di L a norma Severino che prevede l'incandidabilità di Silvio Berlusconi (decreto legislativo 235 del 2012) presenta più profili di incostituzionalità che potrebbero essere censurati dalla Consulta. Il decreto vìola un principio supremo del nostro ordinamento e cioè la sovranità popolare, mentre accoglie l'opposto principio della superiorità della magistratura rispetto al potere politico. Se la Costituzione pone nel popolo e non nella magistratura la sovranità (articolo 1), è solo la deliberazione popolare e non quella giudiziaria il fattore ultimo che può condizionare la dinamica politica e democratica. Da ciò consegue che non può la magistratura annullare il voto popolare, essendo una decisione del genere sempre rimessa a ciascuna Camera di appartenenza (come recita l'articolo 66 della Costituzione). Il giudizio (parlamentare) che ne consegue non può assumere carattere vincolato ma sempre libero e incondizionabile; diversamente, si giungerebbe per legge a riconoscere la legittimità di un golpe per mano giudiziaria senza che il Parlamento possa difendersi. La sentenza penale deve avere il significato esclusivo di proposta e non di ordine al Parlamento, a pena di violare il principio della separazione dei poteri e dell'autonomia del potere politico rispetto a quello giudiziario. Non è un privilegio dei parlamentari ma la garanzia per il corpo elettorale che diversamente potrebbe essere privato dei propri rappresentanti per volere di singoli magistrati privi di qualsiasi responsabilità politica e giuridica verso l'elettorato. Il 235 del 2012 ammette che dopo la condanna la riabilitazione del parlamentare sia affidata alla stessa magistratura che ha emesso la sentenza. Tale previsione sembra squilibrare i rapporti tra politica e magistratura in favore di quest'ultima. Gli unici a poter riabilitare il condannato dovrebbero essere il corpo elettorale (con il voto) o la Camera di appartenenza (indirettamente). Solo così si può tutelare il popolo che ha diritto di scegliere chi vuole pur in presenza di una sentenza di condanna: una nuova elezione del presunto incandidabile mi pare essere pienamente valida sul piano giuridico e democratico. Altra cosa che non convince è la mancata previsione di forme di responsabilità dei giudici che, per ipotesi, potrebbero aver sbagliato nella condanna del parlamentare, determinandone ingiustamente la decadenza e l'incandidabilità. L'errore della magistratura è possibile nonostante il passaggio in giudicato della sentenza, considerato che la revisione delle sentenze non ha limiti di tempo.

Quale sarebbe la responsabilità del giudice verso il corpo elettorale o il singolo politico se si scoprissero successivamente prove dell'innocenza di Berlusconi?

*Professore nella Pontificia Università Gregoriana di Roma
tarasco@unigre.it

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