Roma - Monti arranca, sbiadisce, non graffia? Niente paura, per il presidente del Consiglio arriva il soccorso rosso dell'Europa, l'unica che sembra ancora pensare che ci sia un Monti nel dopo-Monti. Forse, però, anche a Bruxelles, a Parigi, a Berlino qualcuno inizia a capire che il ruolo del Professore è quello di terzo incomodo tra il centrosinistra dato troppo presto per vincitore e il centrodestra dato troppo presto per morto. Dei centristi con il bollino «approvato dall'Europa» pochi in Italia sembrano sapere che farsene. E così, puntuale, arriva l'aiutino dell'Europa germanocentrica.
A firmare lo spot è il francese Joseph Daul, dal 2007 capogruppo del Ppe all'europarlamento. Ma sembra di sentire parlare Angela Merkel. Daul, a margine di una conferenza stampa, dice la sua sulle prossime elezioni italiane: «Se mi conoscete abbastanza - dice ai giornalisti che gli ricordano come a dicembre avesse parlato di grave errore a proposito della sfiducia a orologeria decisa da Berlusconi che condusse alle dimissioni di Monti - sapete che dichiarazioni fatte sull'Italia non erano state fatte per caso. Mai fatto dichiarazioni al vento. Potete quindi essere certi che mantengo la stessa opzione. È solo che non voglio, attaccando tutti i giorni il signor Berlusconi, far sì che lui possa attaccare me e possa parlare di questa orribile Europa, questa orribile Merkel, di questi orribili francesi e permettergli di dire vedete come si comportano. Ora che siamo in campagna elettorale voglio rispettare l'elettore e il cittadino italiano. E non ho bisogno di portare un 2-3 per cento al populismo». Poi l'outing: «Il candidato del Ppe è il signor Monti, anche se la situazione è molto complicata, perché abbiamo anche l'Udc ed il partito di Berlusconi. Che sono tutti membri del Ppe». Precisazione a parte, trattasi di endorsement bello e buono per il Professore, tanto smaccato da fare arrossire perfino quest'ultimo, che in serata chiamerà Daul per lamentarsi, dal momento che vuole essere considerato un candidato super partes e non solo del Ppe. A svelare il contenuto della telefonata sarà lo stesso Daul, che ne approfitterà anche per tentare una retromarcia poco convinta: «Sono stato mal interpretato dai giornalisti italiani. Non credo di aver detto niente di sbagliato. Comunque da ora al 24 febbraio non parlerò più con giornalisti italiani».
Forse è meglio, visto che le parole di Daul ogni volta irritano non poco il centrodestra italiano. «Joseph Daul quando si occupa di vicende italiane parla a titolo personale. Come è sempre accaduto, il Ppe sostiene i partiti che fanno parte della famiglia popolare: il Pdl è il più grande partito italiano che vi aderisce. Le accuse di Daul, evidentemente male informato sul programma elettorale del Pdl, sono prive di riscontro concreto», taglia corto il segretario del Pdl Angelino Alfano. «È già inopportuno che chi come Daul riveste un incarico delicato si produca in maldestre intromissioni - dice Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato - Diventa addirittura paradossale se ciò avviene in favore di un partito di Monti che non esiste e che quindi non fa parte del Ppe e di un candidato la cui linea politica va nella chiara direzione di rafforzare la sinistra che al popolarismo è radicalmente alternativa». Di parole «inopportune», parla il vicepresidente del Parlamento europeo Roberta Angelilli, mentre Licia Ronzulli, eurodeputata del Pdl grida allo «sgambetto intollerabile» e Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, ammonisce: «Sarebbe opportuno che dirigenti non italiani del Ppe evitassero di ingerirsi nelle vicende italiane, lanciando maldestramente il sasso e poi provando a nascondere la mano».
L'unico che difende Daul è Gabriele Albertini, candidato alla presidenza della Lombardia: «Se serviva una conferma di come la famiglia dei Popolari europei vede la politica italiana ecco le parole del presidente Daul. L'unico, autentico candidato in Italia riconosciuto dalla famiglia dei Popolari europei è Mario Monti».
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