Boato: sostantivo, maschile. Fragore vasto e cupo (spesso sotterraneo): il terremoto fu preceduto da forti boati (dal lat. boatus).
Così nel dizionario della lingua italiana Oli-Devoto. Così anche nella mia memoria di studente delle scuole medie Giovanni Pascoli, Messina, 1961. Sono passati più di cinquant’anni, da quella mattina, ma il ricordo di quel fragore sordo, baritonale, possente, una specie di lungo rutto in bassa frequenza di giganti e di gigantesse mi abita ancora dentro. I banchi della prima A presero a scarrocciare per l’aula, cozzando uno con l’altro; i cappotti appesi alle rastrelliere caddero all’unisono per terra e noi ci guardammo negli occhi con gli occhi sbarrati come da allora ho visto solo al cinema, subito consapevoli. Delle fasi concitate che seguirono non ho ricordi precisi: voci, grida, confusione, un acuto senso di allarme. Mia sorella ricorda che era l’ora di disegno e che il loro insegnante, il professor Romano, scattò verso la porta, allargando le braccia fra gli stipiti per far intendere alla classe che premeva per guadagnare l’uscita, che di lì non sarebbe passato nessuno. Un demente, si direbbe oggi. Poi, evidentemente, le regole sono cambiate. Com’è il rumore del terremoto? Un rimbombo abitato da uno schianto, si potrebbe dire. Come un bombardamento ascoltato in lontananza -i tuoni di un temporale maggiore in allontanamento- ma poi amplificato come se le bombe, i tuoni fossero qui, adesso. Ma non c’è solo un rumore esterno. Il terremoto provoca un rumore interno che è anche più orribile. È uno schianto nel cuore che si allarga allo stomaco e risale alla testa allagando i pensieri di un sentimento antico, forse il più antico annidato nei recessi della memoria del genere umano: la paura: quella senza riparo, quella che vira subito nel panico e ti inchioda dove sei, impedendoti di alzarti se sei sdraiato, che ti azzera la salivazione, che ti fa accapponare la pelle e fa di te una gallina in cui scattano, alternativamente, due istinti primari: la fuga, o l’immobilità assoluta, per qualche secondo.
E tuttavia, più del rumore del terremoto fa paura il boato delle chiacchiere inutili, assordanti che seguono alla radio, in televisione, sui giornali: le interviste, i sentito dire, le testimonianze, i sismologi, i vulcanologi, i tuttologi, i protettori civili, gli avvoltoi dei soccorsi in ritardo, le allarmate e ansiogene voci degli inviati e ancor più quelle dei conduttori «da studio» che incalzano, amplificano, montano, cotonano le notizie.
C’è sempre una radio accesa, nella fastosa falegnameria sopra la quale abito, in Brianza. Le notizie sul sisma arrivano a mitraglia. Il resto è solo pubblicità e calcio scommesse. Sicchè quando chiedo al Paolino Pirola, uno dei falegnami, che rumore faccia, secondo lui, il terremoto, Paolino risponde così: «Rumore? Che rumore? La società è sorda e distratta. Non sente niente. Tutti gridano troppo, e non si sente, in profondità, quello che accade veramente. Domani, dopodomani è già tutto dimenticato».
Però, se si sente la necessità di ascoltare davvero che rumore fa, il terremoto; se vi viene voglia di provare un brivido in più, rispetto a quelli che già ci infliggono gli eventi quotidiani, si può andare a farsi un giretto sul web. Ci sono certe registrazioni che fanno scendere il numero di giri del respiro. C’è il rumore del terremoto Tohoku-Oki di 9 gradi della scala Richter che l’11 marzo dell’anno scorso devastò il Giappone, «riassemblato» dai ricercatori dell’Istituto di tecnologia della Georgia, che hanno ricavato un audio del «rumore» delle onde sismiche. Un rumore enorme, all’inizio, e un lungo scricchiolio, ventoso brontolare punteggiato di suoni sinistri, come porte che sbattono in un giallo. Poi ci sono le registrazioni di momenti relativi all’immediatezza dell’evento. Come la scossa del 6 maggio 1976 in Friuli.
Con la storia del ragazzo di Tricesimo, Mario, che stava riversando un brano dei Pink Floyd dal giradischi al registratore a cassette. E si sente la puntina che salta i solchi e poi scivola veloce verso la fine e certe voci sempre più stridule, sullo sfondo...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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