E per la Dia diventa reato dire la parola "scuola"

Secondo gli investigatori usato un linguaggio criptico per nascondere gli affari

«Gli intercettati usavano un linguaggio criptico, parole che sembravano “normali” come figliolo o scuola dopo i pedinamenti si sono rivelati cose ben diverse». Dalle parole del capocentro Dia di Reggio Calabria Gianfranco Ardizzone e dal presunto reato di linguaggio criptico si capisce che dare la caccia ai fantasmi è più facile. C'è una holding di colletti bianchi che lavora fianco a fianco alla 'ndrangheta? L'aria che si respira negli uffici della Dia dopo la conferenza stampa del procuratore capo Federico Cafiero De Raho lascia smarrimento e stupore. Gli elementi indiziari snocciolati dal numero uno della Dia Arturo De Felice sono serviti a convincere il Gip Olga Tarzia ad arrestare l'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola: ma nell'intricata vicenda della latitanza dell'ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, condannato a cinque anni per concorso esterno in associazione mafiosa per aver favorito la cosca dei Rosmini facendo eleggere un loro affiliato, ci sono ancora dei buchi neri. Il Gip ha convalidato gli arresti dei due esponenti politici, ma non ha esteso a tutti gli indagati l'aggravante di «agevolazione di attività mafiosa», anche se il sostituto procuratore della Dna Francesco Curcio, che assieme al pm Giuseppe Lombardo ha coordinato l'indagine, minaccia battaglia («faremo appello al Riesame e in Cassazione»).

Dunque la presunta Spectre che nel triangolo Roma-Montecarlo-Beirut che coinvolgerebbe Scajola e il calabrese Vincenzo Speziali, omonimo nipote dell'ex senatore azzurro e in stretti rapporti con l'ex presidente libanese Amin Gemayel (uomo chiave della latitanza in Libano di Marcello Dell'Utri) non è di natura 'ndranghetistica ma con le cosche calabresi avrebbe «un rapporto mutuo e ombelicale». È segreta e in grado di «sviluppare contatti e relazioni di alto livello», da Luigi Bisignani all'ex Dc Emo Danesi cacciato dallo scudo crociato per la sua appartenenza alla P2 (i suoi uffici sono stati perquisiti ma non sarebbe indagato) all'ex onorevole Pd Marilina Intrieri (quella che scrisse a un prefetto che andava chiamata onorevole), ma non tanto potente da violare la legge Anselmi. Un bel pasticcio.

Certo, quello che ha sorpreso gli investigatori è stata la capacità di «schermare» con delle genialate contabili le aziende di Matacena per tentare di nasconderle ed evitare così il sequestro che invece è scattato ieri. L'obiettivo era quello di «mantenere inalterate le capacità operative in campo economico-imprenditoriale di Matacena per costituire le provviste finanziarie per la costosa latitanza all'estero». Ma perché la 'ndrangheta dovrebbe scomodarsi per Matacena? Secondo Dia e procura reggina il figlio dell'armatore è ancora oggi «uno dei più potenti e influenti concorrenti esterni della 'ndrangheta» tanto da far scomodare questa presunta holding dei colletti bianchi a cui dà la caccia da tempo il pm Giuseppe Lombardo, che solo qualche giorno fa ha incassato condanne per 262 anni in primo grado al processo Meta per il gotha delle famiglie reggine. È lui il pm che sta indagando sull'avvocato Bruno Mafrici a cui Matacena avrebbe chiesto del denaro.

Mafrici, sodale dell'ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito, è accusato di riciclaggio nella vicenda che ha decapitato la Lega Nord per quei finanziamenti pubblici investiti in Tanzania assieme ai proventi delle cosche calabresi dagli uffici di via Durini a Milano di cui Mafrici è socio. Scajola, la Lega, la massoneria e la 'ndrangheta. La caccia ai fantasmi, visibili o invisibili, è solo all'inizio. FMan

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