Roma«Vivo il dramma di Eluana come tutti».
Ministro Bondi, cosa intende dire?
«Lo vivo come chi, prima di tutto, pensa che non dovrebbe diventare di dominio pubblico, esposizione continua sui mezzi di comunicazione».
Ma non è così.
«Già. A partire dal padre di Eluana, la questione è divenuta inevitabilmente oggetto di discussione politica e parlamentare. Fino al punto di innescare conflitti istituzionali, soprattutto tra sovranità del Parlamento e potere della magistratura».
Sembra turbato.
«Io sono convinto che sul caso Eluana lItalia non si divide tra il popolo della vita e il popolo della morte. Gli interrogativi, i dubbi attraversano sia i credenti che i cosiddetti laici. E su questa materia devono dialogare per la difesa della vita e della dignità della persona».
Avrebbe auspicato il confronto anche quando militava nel Pci?
«Sì, certo. Sempre, allinterno del Partito comunista, i cattolici come me hanno posto il problema. Semmai... ».
Semmai?
«Sono gli epigoni del Partito comunista che hanno abbandonato la stella polare del dialogo con il mondo cattolico, approdando a una cultura laicista che contrasta sia con la tradizione del comunismo italiano, sia con quella del cattolicesimo democratico».
Si parla di ingerenze e pressioni da parte del Vaticano.
«Assolutamente no».
Sarà.
«Guardi, sono stato tra i primi, molti anni fa, a indicare la necessità di una legge sul testamento biologico. In un primo momento, la Chiesa era tiepida, per il timore - fondato - che potesse aprire una breccia attraverso la quale introdurre il principio delleutanasia».
E poi? Cambio di rotta?
«I principali esponenti della Chiesa cattolica guardano oggi con favore a una legge».
Già, ma se ne parla da anni.
«Credo che adesso esistano le condizioni affinché il Parlamento lapprovi. È una delle ragioni che giustificano il provvedimento urgente del governo. Sarebbe assurdo, infatti, che Eluana subisse un trattamento che nessuna delle proposte in discussione contemplano».
Non poteva intervenire prima il Parlamento?
«Sì, sarebbe stato necessario. Ma forse servivano casi come questo per muovere tutte le forze politiche a ricercare una soluzione condivisa».
Ma oggi come si fa decidere senza un chiaro pronunciamento, come nel caso di Eluana?
«Il punto è proprio questo. Chi decide se la nostra vita, nel momento in cui si trovasse in certe condizioni, è degna o indegna di essere vissuta? In questa prospettiva, il medico ucciderà per una sua idea di pietà o di convenienza?».
Quesito difficile.
«È la domanda fondamentale che interpella la coscienza di laici e di credenti. Ecco perché il testamento biologico appare lunico strumento capace di garantire un consenso espresso da parte di ciascuno di noi e la tutela della nostra libertà».
Da genitore, cosa avrebbe fatto al posto di Beppino Englaro?
«Provo sincera compassione per chi, come il padre di Eluana, in un clima così acceso, è stato costretto a prendere una scelta difficile, che non condivido, ma a cui posso accostarmi con umana comprensione».
Vuole lanciargli un appello?
«No, è un dramma così grande che mi fermo davanti alla sofferenza di un padre».
Silvio Berlusconi è sceso in campo in maniera diretta. Se laspettava?
«È a tutti noto che, sui temi della bioetica, ha sempre scelto la via di non coartare la coscienza di ogni singolo parlamentare».
Sì, ma nello specifico?
«È un caso in cui, come ha ricordato, non si poteva sfuggire dalla scelta di intervenire per scongiurare la morte dEluana».
Non è quindi sorpreso.
«Sono rimasto profondamente colpito dal suo discorso pronunciato in Cdm. E ho visto Berlusconi sotto una luce nuova: il coraggio di assumere una decisione importante, facendo prevalere non interessi politici o di consenso, ma imperativi della propria coscienza».
Si è aperto però uno duro scontro istituzionale.
«Il premier pone un problema reale riguardante le prerogative del governo sancite dalla Costituzione, il suo dovere di prendere decisioni urgenti, motivate e necessarie, sia dal punto di vista economico e sociale che di carattere etico e morale».
Tutto qui?
«Sbaglia chi crede sia avvenuta una trasformazione della natura del potere. Berlusconi pone un problema eminentemente democratico. I fenomeni autoritari nascono, come dovrebbe sapere la sinistra, quando la democrazia si dimostra incapace di fornire risposte ai problemi della società».
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