Italia terza sul podio della classifica mondiale. Un dato che questa volta, non ci deve certo rendere orgogliosi, al contrario. Il Bel paese infatti è terzo al mondo per l’aumento dei furti nei supermercati e nei grandi magazzini, (+4%) dopo l’Austria (+7,4%) e la Svizzera (+5,2%). Al contrario nei paesi baltici i furti nei supermercati sono diminuiti di ben 4,9%, seguiti dal Portogallo (-3,8%) e dai Paesi bassi (-3,2%) Al primo posto nella classifica italiana le regioni del Nord, in cui si commettono il 53,3% del totale dei furti, seguite dalle regioni del centro (28,4%) e le regioni del sud (18,3%). Tra le regioni, scala le classifiche la Lombardia con 729 milioni di euro di merce rubata in un anno, mentre nella sola provincia di Milano si parla di 330 milioni.
Un record che costa caro alle famiglie italiane che si vedono una spesa più salata di 163 euro l’anno. Il motivo è presto spiegato: i grandi magazzini spendono in sistemi di sorveglianza, come le telecamere a circuito chiuso – il sistema in assoluto più costoso - o sistemi antitaccheggio come le etichette a radiofrequenze, vetrine chiuse a chiave per i prodotti più costosi come superalcolici, telefonini o profumi. Diversa la situazione in Europa che nel complesso registra un aumento dello 0,8% e un costo a famiglia di 157 euro all’anno. Lo rivela il Barometro mondiale dei furti nel retail, la ricerca commissionata da Checkpoint systems e condotto dal Centre for retail Research, diretto da Joshua Bamfield, che ha raccolto i dati sulle differenze inventariali, cosi si chiamano i furti in gergo, di 920 importanti retailer di 36 paesi sparsi nei 5 continenti, per un totale di 115.612 punti vendita.
È possibile tracciare un identikit del ladro? In Europa il 47% dei ladri sono i clienti, seguito da una buona percentuale di dipendenti interni (31%) e dal 6,5% dei fornitori. Per quanto riguarda i clienti, è bene chiarire subito che non si può imputare alla crisi la crescita dei taccheggi, e comunque non solo a quello: “E’ presto per imputare l’aumento del fenomeno alla crisi finanziaria internazionale – spiega Isabella Corradini, docente di psicologia sociale applicata al crimine all’Università degli studi dell’Aquila - , si tratta di un fenomeno che potremo valutare sulla lunga durata”. Ecco allora che i ladri possono essere divisi in macroaree: i professionisti e chi ruba su commissione puntano a lamette da barba, cartucce per stampanti, profumi, prodotti di alta tecnologia e vestiti di lusso. Dietro, invece, i furti di lingerie, intimo e maglieria, profumi e cosmetici si celano le donne, solitamente tra i 30 e i 45 anni; diversi i gusti degli uomini che, invece, sono attratti da superalcolici e vini pregiati. Si tratta in entrambe i casi di ladri occasionali attratti dal valore simbolico e affettivo che rivestono questi oggetti. Diverso il caso dei ragazzini, che invece puntano agli status symbol come cellulari di ultima generazione e I Pod. Chi ruba per necessità, al contrario, sceglie cibi freschi e beni di prima necessità. Il comune denominatore: i prodotti di costo più basso.
Qui intervengono il senso di colpa e la vergogna, e il tentativo di arrecare il minor danno possibile al grande magazzino.I dipendenti che invece rubano sono spesso lavoratori precari, che rubano per una sorta di sentimento di rivalsa nei confronti dell’azienda.
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