Jerry Lewis festeggia con la Legion d’onore

Alla cerimonia per la consegna, l’attore improvvisa gag e balletti davanti al ministro della Cultura

Maurizio Cabona

La Legion d’onore, che ieri Jerry Lewis ha ricevuto a Parigi, arriva ben dopo quella data a Tom Cruise. E Cruise ne approfittò per chiedere (e ottenere) che la Francia sciogliesse l’esigua unità di polizia anti-Scientology.
Jerry Lewis non pare aver proposto alla Francia baratti del genere. Ha solo fatto notare che il discorso in suo onore del ministro della Cultura, Renaud Donnedieu de Vabres, era barboso. I comici devono essere crudeli, perché la verità è crudele. E poi, se proprio deve occuparsi del prossimo, Jerry Lewis lo fa con la beneficenza: mezzo secolo fa il telethon l’ha inventato lui e i suoi doni alle fondazioni contro le gravi malattie sono alti e discreti. Niente a che vedere con Geldof e compagnia cantante.
Per l’ex ragazzo solo e solitario di Newark (New Jersey), non dev’esser stato particolarmente divertente festeggiare così gli ottant’anni. Però la noia circostante l’ha indotto a romperla, divertendo, improvvisando le contorsioni che l’hanno reso famoso prima ancora della guerra di Corea. Si dirà: Buster Keaton, Stan Laurel e lui sono i comici malinconici del cinema. Ma malinconia non è tristezza. Dopo il «fioretto» politico-mondano parigino, Jerry Lewis è partito per Lione, dove l’Institut Lumière, presieduto da Bertrand Tavernier e diretto da Thierry Frémaux (il selezionatore del Festival di Cannes) presentano oggi in suo onore l’ultimo film che ha diretto, apparso in Italia come Qua la mano, picchiatello (1983). Deve averlo scelto Jerry Lewis come una rivincita, perché questo film tanto bello andò altrettanto male, chiudendo la sua carriera di regista, sceneggiatore e produttore. Jerry Lewis continuò saltuariamente a fare l’attore (Re per una notte di Scorsese, Arizona Dream di Kusturica) per gli autori che stimava, lasciando un rimpianto quando tanti attori lasciano un fastidio, sprecando il talento per via del provento.
Poiché Jerry Lewis è un autore e non solo un attore, l’occasione è utile anche per presentare il suo nuovo libro, tradotto ora in francese e inedito in italiano: Dean et moi. Une histoire d’amour («Dean e io. Una storia d’amore»), pubblicato da Flammarion. Scrive Jerry Lewis: «Dean e io eravamo artisti di varietà, animali da palcoscenico. Gli altri avevano un copione, noi eravamo monelli scatenati, jazzisti sempre capaci d’improvvisare. Dagli inizi, nei night».
L’ottantesimo compleanno di Jerry Lewis sta anche per far uscire il romanzo False verità di Rupert Holmes (Fandango) e Where the Truth Lies di Atom Egoyan, il film dell’ultimo Festival di Cannes che ne deriva, dove i personaggi sono Dean Martin (interpretato da Colin Firth) e Jerry Lewis (Kevin Bacon). Il titolo italiano, False verità, è un ossimoro che aderisce a uno dei due significati possibili della locuzione, che normalmente suona «Dove sta la verità». Questo film ripropone a suo modo una coppia formidabile, che poi si divise moltiplicando però la fama.
Il titolo del libro di Jerry Lewis, invece, parla di una «storia d’amore».

Sembra che Egoyan lo prende troppo alla lettera, mostrando Dean Martin provocare la morte d’una ragazza appena sedotta, ma anche cercare di violentare Jerry Lewis. Che lascia dire: senza infischiarsi dei pettegolezzi, non s’arriva presto al successo e tardi al decesso.

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