Bengasi«Fermeremo la produzione di petrolio in Libia fra qualche giorno». È quanto affermato dall'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni. Per quanto riguarda poi la produzione di gas, lamministratore delegato, interpellato sulle possibili conseguenze di uno stop imposto dalle sanzioni, ha sottolineato: «Alla Ue chiederei cosa fare con la produzione domestica di gas perché quello è un gas destinato alla popolazione e uno stop a questa produzione creerebbe un problema alla popolazione». E sulla partecipazione libica nellEni, Scaroni ha tagliato corto: «Leggende cè solo uno 0,5 per cento di investitori con un nome libico».
Intanto i cargo carichi di petrolio continuano a partire dal terminal di Tobruk, prima grande città libica dopo il confine egiziano. L'ultimo, avrebbe preso il mare circa una settimana fa, dice al «Giornale» Hassan Boulifa, presidente del nuovo comitato manageriale dell'Arabian Gulf Oil Co. Agoco, la più grande compagnia petrolifera statale libica. La crisi nel Paese causa l'aumento del prezzo del greggio. La Libia, Paese membro dell'Opec, era fino all'inizio della rivolta il maggiore esportatore di petrolio in Africa, con 1,6 milioni di barili prodotti al giorno. Ma in queste ore, alcune compagnie americane hanno arrestato i commerci con la Libia.
Due importanti terminal petroliferi sulla linea del fronte, Brega e Ras Lanuf, 200 e 280 chilometri a Sud-est di Bengasi, sono chiusi a causa dei combattimenti tra forze pro-regime e ribelli dell'Est. Non tutte le installazioni libiche sono ferme. Nei corridoi del quartiere generale dell'Agoco, a Bengasi, c'è attività perfino il sabato. La società statale, che fa parte della Compagnia nazionale petrolifera libica, con sede a Tripoli, ha deciso sin dall'inizio delle manifestazioni di sostenere la rivoluzione. La maggior parte dei pozzi di petrolio della Libia si trova all'Est, ora sotto il controllo dei ribelli. L'Agoco produceva da sola, prima della rivolta, un quarto del greggio libico: 420mila barili al giorno. «Oggi la produzione è scesa a 170mila perché l'attività dei pozzi è ridotta al minimo», spiega Hassan Bulifa. La compagnia, in questi giorni di incertezza, continua a mantenere in attività i pozzi, le raffinerie e tutti i suoi terminal, messi in sicurezza dal personale stesso assieme ai ribelli e a elementi dell'esercito che hanno appoggiato la rivoluzione.
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