L’America crea in maggio solo 78mila nuovi posti

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da Milano

La domanda è sorta spontanea: che farà ora la Fed? Già, come si comporterà l’istituto centrale guidato da Alan Greenspan dopo che ieri dal mercato del lavoro Usa non sono arrivate notizie rassicuranti? Appena 78mila nuovi posti creati in maggio, un andamento lento come non si vedeva dall’agosto 2003, un piccolo incremento insufficiente a sostenere lo sviluppo economico, ma semmai - per qualcuno - la prova finale che la locomotiva Usa è entrata nel tunnel del rallentamento.
Una decelerazione che imporrebbe dunque un diverso approccio nella politica monetaria, più attento ai problemi della crescita e meno cauto nel monitorare un’inflazione che, comunque, non ha mai dato l’impressione di poter diventare un problema serio. Sui mercati finanziari si sta diffondendo la convinzione che Greenspan sia adesso chiamato a chiudere, e in fretta, la partita del rialzo dei tassi. Forse non già in occasione del prossimo meeting del 29-30 giugno, quando le leve del costo del denaro potrebbero essere ancora alzate di un quarto di punto al 3,25%; ma da luglio in poi, per la Fed sarebbe consigliabile un cambio di orientamento. Il governatore della Fed, Edward Gramlich, ha però messo le mani avanti: «Non so quante volte entreremo ancora in gioco», ha detto ieri.
L’ultimo dato sull’occupazione non va d’altra parte né trascurato, né sopravvalutato. Le statistiche sull’andamento del mercato del lavoro sono da tempo spesso contraddittorie.

In aprile, erano infatti stati creati 274mila nuovi impieghi, una cifra che aveva favorevolmente impressionato gli analisti nella stessa misura in cui le cifre di maggio li hanno ieri colti di sorpresa. Per effetto dei diversi metodi di rilevazione, il tasso di disoccupazione è sceso il mese scorso al 5,1%.

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