La Rai, che ha mandato in onda le escort, che una volta erano chiamate «squillo», come protagoniste di un programma culturale e politico di servizio pubblico e che riscuote oltre un miliardo e seicento milioni di canone, metà del suo fatturato, ha i conti in rosso.
Nel 2008 per 7 milioni, nel 2009 per 50 e nel 2010 per cento. Il deficit cumulato sino al 2012 è calcolato in 600 milioni. Mediaset ha avuto nel 2008 utili per 380 milioni, mentre nel 2009 fa comunque un utile di 260 milioni. La Rai in effetti non è una azienda economica, ma politica.
Ciò emerge nelle spese per il personale della compagnia di Viale Mazzini. Essa ha 13.240 dipendenti, mentre Mediaset ne ha 5.125: la Rai ha 2,5 volte gli addetti di Mediaset. Il suo costo di personale perciò è di un miliardo, quello di Mediaset è di 450 milioni. La differenza spiega in gran parte la perdita della Rai.
Una volta circolava la barzelletta dei due leoni, che si erano incontrati a Roma, in Largo Zanardelli, vicino al Palazzo di giustizia, ora sede della Cassazione, e si erano divisi il campo di preda. Il leone Giovanni andava in centro, mentre il leone Anselmo aveva larea sullaltro versante, che culminava in viale Mazzini. Dopo una settimana i due leoni si ritrovarono di mattino presto, sotto le statue del Palazzo Zanardelli. Il leone Giovanni era magro, spelacchiato, e pieno di cicatrici; Anselmo era grasso e col pelo perfetto. Giovanni spiegò che ogni volta che aveva cercato una preda nelle cucine di ristoranti e alberghi era stato scacciato a colpi di padelle e coltelli, Anselmo disse che lui si era fermato a Viale Mazzini, aveva mangiato un funzionario Rai al giorno, e nei festivi un giornalista, e nessuno se ne era accorto.
In effetti, ciò che colpisce della Rai è il numero sterminato di impiegati, 8.135 contro i 3580 di Mediaset, e quello dei giornalisti, che sono 2.006 contro i 378 di Mediaset, vale a dire ben 5,3 volte tanto. Con tre canali normali, la media Rai è di 650 giornalisti per canale, un numero mostruoso, che si riduce un po considerando i programmi aggiuntivi dei canali speciali.
Ma la Rai ha i programmi di servizio pubblico, che «arricchiscono» il palinsesto e richiedono molto personale interno ed esterno (quello più pagato, con contratti professionali doro, che non fa parte del costo del personale, ma di altre voci di spesa). È proprio il settore del «servizio pubblico», quello finanziato con il canone cioè il tributo, che va tutto alla Rai , che risulta il più in rosso. Che cosa sia servizio pubblico è un concetto vago. Sta di fatto che programmi analoghi a quelli Rai, fatti dalle tv private, non sono chiamati servizio pubblico e spesso costano meno. Il rosso della Rai non si spiega solo con la pletora di personale, che ha fatto la fortuna del leone Anselmo (e anche di parecchi italiani anche più affamati e abili nel «mangiare»), ma anche con il cattivo andamento del fatturato.
In effetti dal 2007 al 2008 il fatturato Rai è sceso da 3 miliardi e 232 milioni a 3 e 210, mentre quello di Mediaset, che non fruisce di tributi, è aumentato da 3002 a 3271. I proventi della pubblicità non migliorano per la Rai, perché i suoi programmi, evidentemente, non sono idonei a generare tale crescita. Dal 1993 al 2009 gli abbonati che pagano il canone, cioè i contribuenti della Rai, sono aumentati solo da 15 milioni e 700mila a 15 milioni 940mila, vale a dire dell1,5 per cento. Ma la nostra popolazione ufficiale è cresciuta solo dello 0,3 per cento, a parte i clandestini. Dunque la Rai su questo lato ha avuto un incremento. Essa, però, calcola nel 28 per cento gli evasori del canone.
La stima è probabilmente eccessiva, ma anche facendo la tara, la percentuale è molto alta. Peraltro, si sa che imposte, tasse e canoni allo Stato i cittadini li pagano più o meno volentieri a seconda del servizio che hanno in cambio, e della simpatia che esso suscita.
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