L’Avvocatura difende l’Iran sul pignoramento alla Bnl

Nonostante l’intervento di Fini, la Farnesina fa marcia indietro al processo sul risarcimento per le vittime delle autobomba

Gian Marco Chiocci

da Roma

Doveva essere l’udienza della verità sui beni iraniani (640 milioni di dollari) sequestrati per terrorismo alla Bnl di Roma. S’è rivelata, invece, un’udienza choc per l’inaspettato dietrofront della Farnesina e per l’inspiegabile assenza dell’istituto di credito convocato in tribunale al fine di stabilire quali e quanti fondi era possibile pignorare in base a due sentenze americane di risarcimento danni per l’uccisione di tre ragazzi ebrei-americani, sentenze riconosciute e fatte proprie dai tribunali italiani.
È successo che a sorpresa in aula si è materializzato un terzo incomodo, l’Avvocatura di Stato. Che nei fatti si è costituita per conto del ministero degli Esteri, e nella sostanza ha sostenuto la causa della Repubblica islamica dell’Iran contraria al sequestro dei fondi per motivi che spaziano dal difetto di giurisdizione all’inattaccabilità dei beni coperti da immunità diplomatica fino alle presunte irregolarità commesse nelle notifiche dei provvedimenti di pignoramento avvenute - come stabilito dal presidente del Tribunale di Roma, Luigi Scotti - via fax e raccomandata. Un’iniziativa, questa dell’Avvocatura dello Stato, che sembra ricalcare le discusse raccomandazioni del vicecapo del Cerimoniale della Farnesina all’ambasciata iraniana («potete contare sull’intervento ad audiuvandum del governo italiano») duramente stigmatizzate da Gianfranco Fini con una nota del 9 dicembre scorso nella quale si annunciavano provvedimenti nei confronti del funzionario (che aveva fra l’altro paventato l’eventualità di ritorsioni da parte dell’Iran) e si ribadiva l’assoluta fermezza del ministero degli Esteri nell’auspicare «anche in questo drammatico caso, che la giustizia possa fare il suo pieno corso e le famiglie possano ricevere il dovuto risarcimento nel rispetto del vigente diritto internazionale».
Una dichiarazione ferma, decisa, risolutiva. Politicamente chiara. Che però, nei fatti, non ha trovato riscontro nell’atteggiamento dibattimentale pro-Iran dell’Avvocatura di Stato e nell’anomala assenza in udienza del rappresentante della Banca Nazionale del Lavoro, convocato appositamente dal giudice per dirimere la querelle prettamente finanziaria. Episodi definiti «gravi» dai familiari delle vittime, dai loro avvocati, dalla comunità ebraica e da diversi parlamentari americani pronti a dare battaglia. «Siamo senza parole - dicono i genitori di Sara Duker, Matthew Eisenfeld e Alisa Flatow uccisi con due autobombe - sembra che lo spirito dell’intervento dell’ex vice capo del cerimoniale della Farnesina, contrastato dal ministro Fini, abbia avuto la meglio ed abbia trovato puntuale attuazione con la costituzione in un’udienza a porte chiuse proprio ad audiuvandum dello Stato italiano attraverso l’Avvocatura.

L’Italia, dunque, sembra schierarsi a difesa di quella Repubblica Islamica dell’Iran impegnata a far di tutto pur di non risarcire i danni subiti da povere vittime del terrorismo finanziato proprio da Teheran, così come stabilito da sentenze americane riconosciute dai tribunali italiani».

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