Laura Cesaretti
nostro inviato a Bruxelles
Voleva e doveva essere un trionfale «ritorno a casa», nella casa Ue di cui è stato capofamiglia, nei cinque anni di presidenza della Commissione europea. Ma inghippi procedurali, disfunzioni organizzative, ingorghi protocollari hanno rovinato un po la scena: Romano Prodi è arrivato accompagnato da Massimo DAlema al Palazzo del Consiglio europeo, il primo cui partecipa da capo del governo, con sorrisone televisivo e pronto a esternare davanti alle telecamere nel luogo deputato, il cosiddetto «Vip Corner». Solo che le telecamere (almeno quelle interessate a lui, ossia le italiane) non cerano, bloccate dalla sicurezza allesterno del palazzo a chiamarlo invano. Lui, sospinto dal cerimoniale, si è guardato intorno smarrito ma ha dovuto accelerare il passo per lasciare la scena a un altro leader europeo, più fortunato.
È toccato poi al portavoce Silvio Sircana leggere ai giornalisti la dichiarazione che il Professore avrebbe voluto fare sotto i riflettori. Un grande empito di slancio europeista: «Abbiamo bisogno di riportare lEuropa a svolgere il ruolo che le compete sulla scena mondiale, mi attendo una forte e decisa ripresa del dibattito sulla costruzione dellUnione. Oggi finisce un periodo di lutto», dice il premier italiano, a margine di un vertice Ue assai fiacco nellagenda e nello spirito. Nel frattempo a rubargli il palcoscenico cera allaltro capo di Bruxelles leterno competitor, Silvio Berlusconi, presente per la riunione del Ppe. Così nei tg della sera era lex premier ad aprire i servizi degli inviati a Bruxelles, e non quello in carica.
Sircana la prende con spirito, e replica a nome di Prodi: «Un autentico caso di controprogrammazione
Daltronde Berlusconi è uno straordinario uomo di cultura televisiva, e per lui la politica è una questione di palinsesto». Ma il colpo viene accusato, per il sistema di comunicazione del Professore è una ulteriore défaillance. Eppure i suoi si mostrano assai soddisfatti dei risultati del Gran tour di capitali e di leader che il Professore si è sobbarcato ultimamente per segnare il proprio ritorno: Barroso e Blair, poi la Francia con Chirac e de Villepin, e la Germania di Angela Merkel. E ieri il ritorno a Bruxelles tra abbracci e grandi pacche sulle spalle con Solana e Junker e Rassmussen. E ancora oggi, a margine del Consiglio, due incontri bilaterali col greco Karamanlis e lo spagnolo Zapatero, e poi martedì a Mosca il russo Putin, e ancora a luglio il G9 di San Pietroburgo, dove - il Professore tiene assai a farlo sapere - ci sarà un incontro «a quattrocchi con Bush». Che non è solo amico di Berlusconi, nientaffatto: anche il Professore, da presidente Ue, lo incontrava «due volte allanno», e non lo chiama Mr President ma - confidenzialmente - «George», proprio come fa il Cavaliere.
In verità, i rapporti con gli Usa sono un terreno assai delicato (se ne occuperà per primo DAlema, oggi a Washington). E dal giro delle capitali europee finora Prodi non ha portato a casa granché di concreto (vedi caso Chirac: grandi baci a favor di telecamera, ma un pranzo frettoloso e formale allEliseo e zero aperture sul caso Enel-Suez, nonostante Prodi non sia Berlusconi). Ma al premier il tour serviva soprattutto ai fini interni, per rilanciare la sua immagine di leader che tratta da pari a pari coi «grandi della terra», e per recuperare sui danni di immagine «sprecona» del governo più affollato della storia italiana.
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