«Lì ho imparato un lavoro». «Io invece a dire parolacce»

Eleonora Barbieri

Il più sintetico è sicuramente Vito: «Ottima legge». Fosse per lui, la discussione sulla nuova leva volontaria sarebbe già conclusa; il dibattito, invece, è aperto, come sul sito di Tiscali, che ha chiesto ai ragazzi: «È giusto abolire la naja, o pensi che sia fondamentale per la difesa dello Stato?». Le opinioni sono, ovviamente, divise: anche se sembra che a rimpiangere il vecchio servizio militare siano soprattutto gli «ex», chi, la naja, l’ha fatta e si è divertito, come Enrico, che commenta: «Un solo e semplice peccato.... ma non per me! È stata davvero interessante: è un peccato per quelle persone che non avranno la possibilità di fare questa esperienza, sicuramente unica».
Una vena di nostalgia condivisa da molti, pare: un certo «Monci», per esempio, è alla ricerca dei vecchi compagni: «Qualcuno di voi ha fatto la naja nel 94/95 alla I Brigata Aerea di Padova? Chi si ricorda dell’undicesimo 94, non sento!!!». Che cosa avranno avuto di così speciale quei 365 giorni trascorsi in caserma? Un tal «Fes» si prende la briga di spiegarlo nel dettaglio: «Fu un anno indimenticabile: maturai più che in tutti i diciannove precedenti della mia vita. Infatti imparai come si fuma, come si sniffa, come si tagliano le droghe, come si ruba al dettaglio ed anche all’ingrosso e come si approccia con le prostitute». C’è persino un aspetto culturale: «So dire tutte le parolacce in tutti i dialetti italiani»; insomma la conclusione è chiara: «E volete eliminare la naja? Ma vi rendete conto? A me questo cambiamento mette paura solo a parlarne...». Gli affezionati vedono l’abolizione della leva obbligatoria come fumo negli occhi; c’è anche chi abbozza spiegazioni un po’ più serie, come Luca: «Ho imparato a sopportare fatiche e disciplina, ho imparato un lavoro e conosciuto gente che a 20 anni e 800 km di distanza ancora frequento; so come arrangiarmi con pochi soldi, condividere fatiche insieme, tutte cose che continuo a fare anche ora. Perché non ho voluto buttare via nemmeno uno di quegli incredibili 365 giorni».
Ovviamente c’è anche chi non è d’accordo e, sotto un appellativo apparentemente dubbioso («Ma boh»), non si risparmia giudizi categorici: «Mio padre non ha fatto il militare e a 20 anni aveva già un’azienda sua, costruita col proprio lavoro dall’età di 11 anni; e a 27 aveva già una famiglia: son queste le cose che fanno crescere». Massimiliano, invece, è tra i sostenitori della naja, anche per ragioni «alte» - «Riconoscersi nel valore della patria e della sua difesa» - ma, soprattutto, non si nega una frecciatina polemica: «Visto che tanta gente si dichiarava obiettore e preferiva il servizio di volontariato, adesso voglio vedere quanti decideranno di continuare a prestare servizi socialmente utili senza lo spauracchio del militare».
Nicola la butta invece sul lato economico e sulla «quantità di soldi pubblici buttata via per addestrare dei ragazzi al 90 per cento demotivati». E chiosa: «Io l’ho fatto e non me n’è fregato niente: tempo perso». Così Ale: «Finalmente noi giovani non dovremo più perdere un anno di lavoro per fare il militare». C’è anche chi approva la riforma, forte del sostegno della storia: «Gli eserciti più potenti son sempre stati di professionisti: la falange macedone, le legioni romane, l’esercito americano».

E poi c’è Ciccio, tendenza pragmatico-polemica: «Penso che un esercito di professionisti sia molto più efficace di un esercito di lavativi, imboscati e mal addestrati». Senza dimenticare un dettaglio: «Io ho fatto la naja - precisa - e tutto sommato mi sono divertito...».

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