Economia

«L’Ifil è stata corretta nel rafforzarsi in Fiat»

Operazione preventivamente approvata dalla famiglia

Gianluigi Gabetti, numero uno di Ifil, precisa, rispondendo a un articolo di Salvatore Bragantini su LaVoce.info, alcuni dettagli della recente operazione di rafforzamento in Fiat. «L’equity swap fu proposto da Merrill Lynch all’ad di Exor, dottor Brandolini d'Adda, intorno al 20 aprile e... fu originata dalla sorpresa causata dall’improvvisa caduta della quotazione del titolo Fiat. L’operazione di equity swap fu effettuata da Merrill Lynch attraverso la Borsa nel periodo compreso tra il 26 aprile e il 7 giugno: essa rappresentò una percentuale inferiore al 15% sul volume complessivo delle Fiat ordinarie trattato nel periodo. Fu quindi corretta la risposta negativa data alle richieste della Consob in tempi molto successivi (26 luglio e 24 agosto) miranti ad accertare se si conoscessero le ragioni dell’«andamento delle quotazioni e dei rilevanti volumi scambiati delle azioni emesse da Fiat Spa nelle ultime sedute di mercato».
Ifil entra in gioco solo in un momento successivo. «Fu in quel drammatico mese di luglio che si radicò la crescente convinzione che una nuova Fiat stesse nascendo, una Fiat capace di compiere un turnaround del quale - dice Gabetti - l’Ifil non poteva disinteressarsi» anche perché si profilava uno strisciante rischio scalata. «In realtà - scrive il presidente della holding - restava per noi difficile in quel momento capire come si sarebbe potuto realizzare un tale obiettivo: queste considerazioni furono alla base di intense consultazioni tra me e l’avvocato Grande Stevens. Subito prima della pausa estiva, facendo il consueto giro d’orizzonte, ci trovammo entrambi preoccupati nel constatare che il riconoscimento da parte di molti operatori delle migliorate condizioni della Fiat potesse alimentare operazioni che avrebbero potuto ingenerare turbative al piano del rilancio, a scapito della ritrovata stabilità del management che ne era la premessa indispensabile. Concludemmo che, allo stato dei fatti, fosse divenuto quanto mai importante che il Gruppo Agnelli trovasse il modo di mantenere invariata la sua posizione di azionista di riferimento della Fiat. Si trattava, però, di comprendere bene come ciò fosse stato possibile senza dover far ricorso a un’Opa, da escludersi perché troppo impegnativa. A fine agosto Grande Stevens, dopo avere di propria iniziativa consultato in via riservata a titolo personale e professionale le competenti autorità, mi comunicò - trovandomi io ancora negli Stati Uniti - di avere trovato una formula. Si contattò immediatamente l’Exor e si intraprese una trattativa con Merrill Lynch per ottenere la modifica, che non era stata ovviamente prevista, nelle modalità del contratto standard, con lo scopo di ottenere la consegna fisica delle azioni. Nacque così all’inizio di settembre l’ipotesi di un’operazione che coinvolgesse anche Ifil.
Da tutto ciò dovrebbe risultare evidente che solo in allora prese corpo un vero progetto, poiché solo allora si verificarono le condizioni necessarie a dare vita a qualsiasi progetto: concretezza e fattibilità, non ancora realizzatesi al momento della richiesta posta da Consob che - ripeto - erano comunque riferite a movimenti borsistici ai quali eravamo del tutto estranei (ripetiamo che l’ultimo intervento sul mercato risaliva al giugno). Una volta che Exor ottenne il consenso di Merril Lynch, Ifil fu coinvolta nel l’operazione e l’8 settembre decise di avvalersi del dottor Braggiotti in qualità di advisor. Ifil negoziò con Exor i termini e le condizioni di acquisto delle azioni Fiat, arrivando a sottoporre una proposta al cda del 15 settembre. Prima che ciò avvenisse si ritenne indispensabile convocare i maggiori esponenti dell’azionariato familiare, i quali per la prima volta ne furono informati e l’approvarono nella tarda serata del 14 settembre: diversamente l’operazione non avrebbe avuto corso. Questi i fatti.


Quanto all’emanazione di provvedimenti che possano dare la più completa sistemazione a questa materia, penso che non ci si dovrebbe sorprendere se, tra le conseguenze, vi potrà essere necessariamente una ben più profonda rivisitazione di tutta la «nuova finanza» e dei relativi strumenti innovativi, venutisi a formare in modo piuttosto disordinato dopo la famosa revoca del Glass Steagall Act risalenti ormai ad alcuni anni fa.

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