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L’interprete della Aubenas: «I sequestratori? Patrioti»

Ecco le libertà concesse ai rapiti: 80 parole e 23 passi al giorno

Alberto Toscano

da Parigi

I servizi segreti della deposta dittatura di Saddam Hussein si sono riciclati nell’industria dei sequestri. Questa la certezza degli agenti francesi che hanno lavorato per oltre cinque mesi allo scopo di riportare in libertà la giornalista Florence Aubenas, 44 anni, rapita il 5 gennaio a Bagdad e rilasciata sabato scorso dopo 157 giorni di cattività. Un periodo terribile, che il compagno di sventura della giornalista - il suo interprete Hussein Hanoun, lui stesso ex ufficiale delle forze di Saddam Hussein - descrive come una sorta di vacanza, resa «accettabile» dalla squisita cortesia dei terroristi. Anzi dei «patrioti», come Hussein Hanoun - che ha scelto di rimanere a Bagdad - ha il coraggio di chiamarli in un’intervista che il quotidiano Le Monde pubblica nel suo numero di oggi 14 giugno.
L’interprete della Aubenas, che s'era precedentemente impegnato nella mediazione per consentire la fine del sequestro dei giornalisti francesi Chesnot e Malbrunot, definisce i suoi sequestratori come «patrioti islamici iracheni», definendoli «sunniti» e «salafisti moderati». Tanto gentili che la Aubenas e lo stesso Hanoun sono stati tenuti per oltre cinque mesi in una cantina buia, con gli occhi quasi sempre bendati potendo incontrare raramente esseri umani come i giornalisti rumeni a loro volta sequestrati (per un periodo molto più breve) a scopo di riscatto.
Proprio su questo sono esplosi due piccoli gialli. Il primo riguarda il fatto che Florence Aubenas - attualmente in una base militare francese per essere interrogata e «informata» dai servizi segreti - non abbia stranamente parlato del suo contatto con i colleghi rumeni, che dal canto loro avevano riferito numerosi particolari a proposito di questa coabitazione forzata. L’ex ministro degli Esteri Michel Barnier, che aveva coordinato la rete delle trattative con i rapitori, ha confermato ieri questo particolare: i carcerieri appartenevano allo stesso gruppo e la detenzione era comune. Resta da capire perché la Aubenas abbia taciuto nelle sue dichiarazioni dell’altra sera all’aeroporto. Forse temeva di mettere a repentaglio la sicurezza di qualcuno.
La Francia ha ringraziato la Romania per l’efficace collaborazione dei suoi servizi segreti, che in precedenza erano riusciti a ottenere la libertà per i tre giornalisti prigionieri. Sembra che gli attuali servizi di Bucarest abbiano ampiamente utilizzato i contatti esistenti in altri tempi tra gli 007 di Ceaucescu e quelli di Saddam. L’importante è comunque il risultato, anche se i francesi sono più ostinati dei rumeni nel cercare di far credere di non aver pagato un riscatto.
Secondo il portavoce del governo, Jean-François Copé «in casi del genere non si può raccontare ciò che è accaduto». Una smentita dalle gambe corte. I due «gialli» non sono poi così misteriosi: qualcosa di molto simile a un forte riscatto è stato pagato per la libertà di Florence e Hussein, che si trovavano effettivamente con i rumeni.
La drammaticità della loro situazione è stata riferita dallo stesso Hussein Hanoun, che riferisce a Le Monde una frase dei sequestratori. «Quel che conta è se sei contro l’occupazione dell’Irak. Se sei anche tu un patriota iracheno, allora per noi sei un fratello». Ed ecco come i “patrioti iracheni” trattano i loro “fratelli”. Florence Aubenas e lo stesso Hussein Hanoun, oltre a essere quasi sempre bendati nella cantina in cui hanno trascorso più di cinque mesi, avevano il diritto di chiedere “una o due volte al giorno” di alzarsi per andare al bagno, situato “alla fine di un corrodioio”. Potevano pronunciare solo 80 parole e compiere 23 passi, come ha rivelato ieri il direttore di Libération Serge July. Questo era il massimo dei loro lussi.

Poi la tortura riprendeva.

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