Il furto di bambini rappresenta una delle fobie ma anche degli archetipi immaginari più potenti. Persino nelle favole infantili luomo nero, l'orco, o la strega venivano e si portavano via il bambino dalla culla o dalla sedia da infante.
Da dove questo marchio profondo di una paura tuttaltro che irrazionale, visto che questo fantasma prende corpo, e non infrequentemente, anche in episodi molto concreti?
Numeri statistici, mescolati con leggende metropolitane, danno risposte a volte fin troppo mostruosamente razionali e materiali.
Qualcuno ha denunciato, spesso con molta fantasia, ma anche con qualche ragione, il rapimento di migliaia di bambini, soprattutto nel terzo mondo, spaventosamente destinati a diventare materiale per trapianti, o commercio turpe per pedofili, ma persino per adozioni prepotenti e illegali.
Ma la spiegazione della matrice profonda del «kidnapping» è ancora più sottile. Scatta nellinconscio delle donne di fronte a un neonato, una sottile e soprattutto inquietante «invidia» per la trionfante fecondità e produttività sociale della donna che ha partorito.
Donna che magari è afflitta da uno strisciante «maternity blues» al limite della depressione post parto, ma che forse anche per questo è circondata di attenzioni, premure e rituali di accoglienza.
Nelle antiche culture contadine tribali, si usava per questo mettere sopra la culla un cornetto o un piccolo fiocchetto rosso per proteggere il neonato dagli sguardi troppo forti, cioè «in-video», soprattutto delle donne.
Rapire un bambino per farlo proprio è infatti una manifestazione al limite della psicosi compulsiva. Come in una «buffet delirante» dissociativa, il desiderio di possesso e il senso di frustrazione è tale da sospendere qualunque giudizio razionale o qualsiasi autocritica costruttiva.
Le radici evolutive di questo sintomo sono molto arcaiche e quindi spesso inconsce.
Anche nel mondo animale, tra i primati ma anche tra i cani, o i grandi carnivori, la femmina leader, che spesso è anziana e controllante il branco delle figlie già feconde, tende a esercitare un potere di possesso sui nuovi nati.
Nella vicenda di Nocera, però, entrano in gioco anche condizionamenti culturali diversi. Quello antico, e molto mediterraneo, del figlio maschio a ogni costo, come massima gratificazione nella famiglia tradizionale. Ma anche singolarmente la pulsione tardiva, e qualche volta coatta, a essere madri comunque e a qualunque età.
La stessa che riempie attività e affari dei centri di fecondazione assistita di tutto il mondo.
Questa signora in realtà di bambini ne aveva già due, ma è come se un contagio di eterna giovinezza materna lavesse improvvisamente e irrazionalmente posseduta.
Insomma, cè forse qualcosa di malato nella più antica e umana delle condizioni: la maternità. Un feto su tre abortito finisce nei tritarifiuti degli ospedali, espulso da madri magari giovani, feconde e povere che non lo accolgono.
Dallaltra, l'evento della maternità, anziché a un dono gratuito e a un mistero damore, assomiglia sempre più al possesso di un oggetto del desiderio e a una stelletta conclusiva nel curriculum di donna affermata e di successo.
E nella distorsione fantasmatica di questo processo, può anche capitare che si pensi di poter rubare un bambino, meraviglioso dono, non solo alla famiglia, ma a tutta lumanità.
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