Goldrake aveva ragione. Lui, dallo spazio, quei raggi laser «che sembran fulmini» li usava per salvare l'umanità. Oggi, 40 anni dopo, noi abbiamo imparato a fare lo stesso e del Laser apprezziamo un vasto campo di utilizzo anche quaggiù, sul pianeta Terra. Dalla medicina, alla chirurgia plastica, dalle misurazioni, alla lavorazione dei metalli, dal trasporto di informazioni attraverso la fibra ottica. Ma l'applicazione più innovativa è quella che negli ultimi 20 anni - ha fatto del laser uno dei migliori amici del restauro nell'arte, grazie alla sua capacità di pulitura delle superfici. E così sono stati rimessi a nuovo sarcofagi egizi, il mantello di Maometto custodito a Istanbul e la cripta di san Gennaro a Napoli.
RUGHE E MARMO
Eccola l'illuminazione. Perché in fondo, a ben pensarci, se un bel fascio di luce puntuale, pardon, coerente, come direbbero i tecnici, può rompere un calcolo renale o risolvere la miopia, allora può anche ripulire una statua della sua «black crust», quella patina del tempo che gli anni depositano su manufatti, sculture e affreschi. E se funziona per lisciare le rughe di signore in carne ed ossa, in cerca di una nuova giovinezza, di sicuro non potrà che levigare anche la bellezza marmorea di certe statue. Rughe, calcoli, pelle o marmo.
Il laser si può occupare di tutto. Ed è così che l'Italia è divenuta la prima della classe anche in questo campo. «È come prendersi cura dei nostri capolavori, in marmo o in persona», sintetizza Paolo Salvadeo, ingegnere elettronico e Ceo di Quanta System, che dal nuovo quartier generale di Samarate, in provincia di Varese, è divenuta, in 30 anni di attività, una delle realtà leader a livello internazionale: «I laser moderni, a stato solido, hanno fasci di luce di tutti i colori dell'arcobaleno ed oltre, infrarossi ed ultravioletti, non visibili ad occhio nudo».
LUCE CHE PULISCE
A seconda del materiale e dell'intervento bisogna individuare il colore adatto, agendo per complementarietà: «È come sulla pelle: se devo cancellare un tatuaggio verde, uso una luce laser rossa o viceversa». Idem sul marmo, per esempio, che va trattato con una luce che, giunta a contatto con la superficie, pulisca e poi rimbalzi via senza danneggiare l'opera. A Samarate sono riusciti nella quadratura del cerchio, o meglio a tarare i laser anche sull'arte, grazie ad una lunga esperienza che affonda le sue radici nell'opera dei pionieri, come John Asmus, inventore di laser che, declinati con vari nomi di artisti da Palladio a Leonardo a Raffaello furono i primi ad essere usati su manufatti artistici.
Nel 1994 la svolta, con Antonio Raspa, ingegnere di Quanta System, che, sulle orme di un altro big del settore, l'architetto Giancarlo Calcagno, utilizzò il laser Palladio sulla Porta della Carta a Palazzo Ducale a Venezia, un delicatissimo pizzo di pietra, e più tardi sulla Porta di Brandeburgo con cui Berlino riunita si tirava a lucido. «Il laser oggi spiega Salvadeo è in grado di curare i danni del tempo, rimuovere strati di inquinamento ma anche incrostazioni di candele, incenso e colate di cera». Lui se li ricorda quei grattacapi di fronte alle colonne della navata di San Petronio a Bologna: «Incrostate e annerite dalla cera, ma soprattutto da olio molto persistente, col laser le abbiamo guarite».
PENTIMENTO D'ARTISTA
La luce dei laser può far riscoprire lo stato originario di quando un'opera fu realizzata perché rimuove in modo selettivo ogni traccia successiva. Un errore è fatale, come spingere troppo il piede sull'acceleratore: per questo a utilizzare in arte il laser è sempre un uomo un restauratore che viene formato all'utilizzo del laser -, mentre nella ripulitura industriale spesso ci sono meccanismi automatizzati. «Ma soprattutto spiega Salvadeo il laser è la fase finale di un restauro che spesso si integra con altre forme tradizionali di interventi conservativi».
In tutti i casi prima l'opera viene analizzata, quasi vivisezionata, attraverso varie tecniche di analisi, come la reflettografia infrarossa o ultravioletta. «Queste analisi spiega ancora Salvadeo permettono di vedere, nei dipinti, anche il pentimento dell'artista, cioè l'idea originaria dell'autore che magari aveva disegnato un capello riccio che poi, nel dipinto finale, ha preferito lisciare».
LA GRANDE BELLEZZA
A colpi di riccioli, capricci e laser l'Italia è diventata la prima della classe pur tallonata da Usa, Germania e Francia. Il merito è della grande palestra che il Belpaese offre con il suo immenso patrimonio artistico e grazie ad una serie di laboratori di eccellenza, come quelli del Politecnico di Milano e dell'Università di Pavia, da sempre fornaci di cervelloni nel campo.
Dai 7mila metri quadrati di Samarate, Quanta System ha un mercato che per il 95% è estero, il 30% solo negli Stati Uniti. Fra gli interventi più importanti in Italia, soprattutto da quando, nel 2004, l'azienda è entrata nell'orbita del gruppo El.En, si possono annoverare anche il recupero del portale di Lorenzo Ghiberti nel battistero di Firenze e dell'Arianna dormiente dei Musei Vaticani, della Torre di Pisa, della Sala delle Asse di Leonardo al castello Sforzesco, diverse catacombe romane, la Villa dei Misteri a Pompei e, in Vaticano, la pulitura delle statue dei giardini, delle Stanze di Raffaello e della Cappella Paolina, da cui muove il Conclave.
PASSAGGIO IN INDIA
All'estero i laser di Quanta hanno lavorato anche in Nepal nel palazzo reale di Patan. Ora si punta all'India, con l'obiettivo di convincere il governo della bontà di un progetto già presentato per il Taj Mahal di Agra, minacciato dall'inquinamento.
Ma il futuro porta a farsi molte domande: virtualmente il laser, applicato inizialmente su opere lapidee, cioè in pietra, può essere adatto a qualunque superficie. «L'abbiamo utilizzato anche sulla fragile arenaria ingrigita di un sarcofago egizio», ricorda Salvadeo e stiamo studiando l'applicazione su piume e superfici impalpabili, mummie antiche comprese, in collaborazione con i Musei Vaticani.
NUOVE SFIDE
Papiro, carta, pergamena, arazzi, stucchi, foglia d'oro, pietra, bronzi, piume e metalli. Il laser cura tutto, anche gli affreschi e i dipinti, «Che sono però le opere più rognose».
Perché? «Per via della policromia», spiega Salvadeo. Servono più fasci laser per intervenire ora sullo sfondo, ora su un particolare. La ricerca oggi punta a realizzare una piattaforma che contenga tutti i laser e non più solo 3 o 4 lunghezze d'onda e cioè i fasci di luce colorata - per volta, come una penna con più colori.
«Come in passato i pionieri non si accorsero da
subito del potenziale del laser, così a noi forse sfugge come potrà ancora evolversi il suo utilizzo», ammette Salvadeo. Con una certezza. The best is yet to come, Il meglio deve ancora venire. Con buona pace di Goldrake.
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