Laureati due deputati su 3 ma non lo dimostrano

«Mandateli a scuola!». Al netto degli insulti, non si poteva pensare diversamente di fronte all’esibizione di sciatteria intellettuale, massì, di ignoranza, fornita dai parlamentari di casa nostra davanti al microfono della Iena librens Sabrina Nobile. Accadde in autunno, microfono spianato sotto il naso, domande all’acqua di rose. Scene mute o imbarazzanti come risposte. Spettacolo televisivo così poco edificante da farti pensare: ma cosa hanno nel cassetto questi signori, la licenza media? Sbagliato. Perché nel Transatlantico sfilano quotidianamente lauree di ogni tipo e specialità. Una schiera di dottori veri (426) contrapposta a chi ha lasciato i libri negli scaffali alle soglie dell’ateneo (204), fra i quali non possono non destare stupore quegli 11 deputati (7 ulivisti, 2 del gruppo misto, un leghista e un rifondarolo) in possesso soltanto di licenza media. Insomma, su tre onorevoli, uno è senza laurea; una media che, come tutte le medie, va presa con le pinze se con la mente si vola a Trilussa e alla morale del pollo («Se uno ne mangia due e l’altro nessuno, ognuno mangia un pollo», ma la realtà è diversa).
Già, la realtà. La nostra è fatta di «Iene» che aspettano gli esponenti politici al varco per farli passare dalle forche caudine della cultura. Domande a sorpresa e risposte squallide. Roba da quattro orizzontale, niente di difficile. Ma tant’è. Giuseppe Fini, tecnico agrario di FI, scambia la regione sudanese del Darfur per «una moda di far le cose in fretta»; Giuseppina Fasciani, ulivista diplomata in Belle Arti, sostiene che il Papa si chiama «Giovanni Paolo VI», mentre la collega Giuseppina Castiello (An), laureata in lettere, la corregge: «È Bonifacio». Per la cronaca l’ultimo Bonifacio, il IX, era papa Pietro Tomacelli: 15 anni di pontificato fra il 1389 e il 1404. Dante era morto 68 anni prima...
L’avvocato Salvatore Greco (Udc), laureato in giurisprudenza, fissa la scoperta dell’America al ’600: «Dovrebbe essere il 1640, 16 e 40 sono numeri che mi portano fortuna»; Francesco Paolo Lucchese (Udc), primario ospedaliero specializzato in pediatria e neonatologia, spiazza tutti: «Quanto dura una gravidanza? Dieci settimane». A mandarlo in confusione sarà forse stata l’età, in fin dei conti vanta già 71 primavere. Ma non è da meno la leghista Paola Goisis, insegnante laureata in pedagogia: «La Consob? Potrebbe essere una società di controllo di come vanno le cose lì alla Telecom. “Con” sta per controlli, sob... non so». Ironico, speriamo, Tommaso Foti (An): «Maometto è un profeta. Di quale religione? La sua». Imbarazzante Remigio Ceroni (FI), laureato in sociologia: «Pyongyang? È il dittatore coreano che sta facendo esperimenti sulla bomba atomica».
Insomma le «perle» sono tante ma il dramma è uno: indipendentemente dal titolo di studio i quesiti erano soltanto di informazione sull’attualità. Eccolo il denominatore su cui è caduta, di fatto, l’intera classe politica. E si va da Maometto a Benedetto XVI, dalla gravidanza delle donne alla scoperta dell’America, dalla Corea del Nord al Darfur. Tutti argomenti che, vuoi in tema di politica estera, o fecondazione, vuoi di religione o immigrazione, sulle pagine dei giornali ricorrono su un titolo sì e un altro anche. Eppure l’informazione, almeno quella, dovrebbe abbracciare tutti, indistintamente dal numero di lauree: in 11 ne hanno due appese al muro. Ma non le dimostrano. Insomma, bastano domandine semplici semplici per mandare in crisi un esercito che conta 143 dottori in legge (la maggior parte avvocati, qualche magistrato, nessun notaio); 71 laureati in discipline umanistiche (Lettere, Filosofia, Lingue e Pedagogia) e per lo più insegnanti; 66 in scienze politiche; 41 in medicina e chirurgia; 35 in economia e commercio; 20 tra ingegneri e architetti; 12 in materie scientifiche, soprattutto Farmacia, Matematica e Chimica.
Un’informazione che evidentemente difetta al partito trasversale dei docenti universitari: sono in 61 nel Transatlantico a scrivere nel proprio curriculum questa qualifica alla voce «professione», anche se la materia di insegnamento varia di caso in caso. Come del resto per gli insegnanti scolastici di ogni ordine e grado: in tutto 30. Sull’attualità cadono anche i giornalisti; tra professionisti, pubblicisti e pensionati sono in tutto 64, salomonicamente divisi a metà (32) tra dottori e non laureati.

Una varia umanità, insomma, da cui certo non ci si aspetterebbe errori. Tanto meno «quegli» errori. C’è chi arriva perfino a dirci che Al Jazeera «è un movimento dell’estremo... arabo... di carattere islamico della Jihad». Ma ci faccia il piacere!

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