LAURIE ANDERSON ha una Luna per gli «Aperitivi»

Domani sera al teatro Manzoni il primo degli incontri più graditi del pubblico milanese

Franco Fayenz

Domani alle 21, come il Giornale ha anticipato, si inaugura al Teatro Manzoni la XXII stagione di Aperitivo in Concerto che si prolungherà fino al 23 aprile 2007 con dodici appuntamenti di primo piano, dei quali sette di domenica (alle 11 del mattino, come di consueto) e cinque serali. L’apertura è affidata a Laurie Anderson (violino, tastiere, voce recitante).
Performer fra le più apprezzate di New York, Laurie Anderson interessa profondamente da molto tempo gli spettatori d’America e d’Europa con le sue realizzazioni multimediali: al Teatro Manzoni presenta The End of the Moon, andata in scena nel 2005 in prima mondiale all’Auditorium di Roma.
La si può definire in vari modi: una suite, una corrente di immagini, parole, racconti, rumori e suoni che costituiscono il frutto di un viaggio intimo della protagonista attraverso gli interrogativi fondamentali del pensiero occidentale. Tra questi la conoscenza della bellezza, la ricerca della libertà interiore, la perdita dell’autonomia del pensiero, il significato della guerra e il ruolo che ha la tecnologia nella vita e nell’arte.
Ma The End of the Moon è nello stesso tempo una sorta di reportage dell’esperienza della compositrice come “artista residente” nientemeno che presso la Nasa. Durante il periodo trascorso in questa veste insolita, dopo aver compiuto numerosi viaggi di arricchimento culturale in Grecia e in Giappone, Laurie Anderson ha cercato di scoprire che cosa potesse significare essere artista all’interno di un progetto spaziale.
Ha immaginato di guardare la Terra dalla Luna e si è sentita sollecitata (appunto) a riflettere sulle domande che ciascuno di noi si pone sull’infinito, sul futuro e sul senso della bellezza. Alla fine, è emerso nell’artista il desiderio di cercare la propria libertà e di conoscere se stessa.
Dice Laurie: «The End of the Moon si configura come un lungo poema per violino e musica elettronica, nella quale è presente un uso sofisticato ma non eccessivo della tecnologia. Dalle domande che mi sono posta prendono forma le storie e i quadri impressionistici che compongono il percorso dell’opera: in ognuno di essi osservo i diversi aspetti della bellezza come la speranza, la paura e il rimorso. Sono quadri legati dal tempo, sono un filo rosso che li attraversa per comporre un grande affresco: vale a dire il tempo, la nostra percezione del tempo e come esso ci influenza e ci cambia».
The End of the Moon descrive dunque questo percorso, ed è un drammatico work in progress che si focalizza sulla precarietà e l’incompiutezza della nostra esperienza umana, nella quale prevalgono l’assenza e la sensazione di perdita: per la Anderson, ad esempio, si tratta della perdita del proprio Paese, impegnato nella guerra in Irak; della perdita di una propria coscienza critica rispetto all’universo mediatico che è continuamente in lotta con la noia; della perdita della pazienza e costanza di riflettere, schiacciati come siamo dal grande show di una tecnologia piegata a fini spesso spettacolari.
Spiega ancora la Anderson: «La perdita è proprio il nucleo centrale. Il senso reale di ciò l’ho capito in Giappone, dove mi sono resa conto di trovarmi dalla parte opposta del pianeta.

Noi abbiamo l’eredità dell’Occidente, dei Greci, degli Eroi, e abbiamo l’Ego. Noi diciamo, ad esempio, che “Dave è arrabbiato”, loro dicono “C’è della rabbia in questa stanza”. È chiara la differenza?».
Laurie Anderson, Teatro Manzoni, info 800-914350, domani ore 21, ingresso 16 e 12 euro

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