È possibile pagare 300 milioni di euro di multa al fisco senza battere ciglio, così come si trattasse solo di una fastidiosa incombenza di cui sbarazzarsi per poi non parlarne più? È possibile se ci si chiama Leonardo Del Vecchio, si è i terzi uomini più ricchi dItalia dopo Michele Ferrero e Silvio Berlusconi e si occupa, con un patrimonio stimato di oltre 4,5 miliardi di euro, il 71° posto nella graduatoria dei nababbi planetari stilata ogni anno dalla rivista americana Forbes.
Il fondatore e maggior azionista di Luxottica, leader al mondo nella produzione di occhiali, lo ha fatto poche settimane fa. La notizia è stata anticipata proprio dal Giornale ed è legata a una complicata vicenda di scatole societarie: secondo lAgenzia delle entrate limprenditore aveva messo a capo di tutte le sue attività una holding tedesca, Leofin, per approfittare delle migliori condizioni fiscali esistenti in Germania in materia di plusvalenze e dividendi. Ma questo è stato considerato un comportamento elusivo che ha sottratto allerario italiano un paio di miliardi di euro. Di qui lapertura di un procedimento nei confronti di Del Vecchio. Il quale ha preferito evitare il contenzioso (potenzialmente molto oneroso) e concordare appunto la multa. Recuperando così la - non ambita - testa della classifica dei principali contribuenti italiani che già aveva guidato nel 1990.
Questo problema fiscale, anche se sgradevole, non ha inciso e non inciderà sulla solidità e sulle prospettive del gruppo fondato da questo ex Martinitt, nato a Milano 74 anni fa ma originario di Agordo, nelle Dolomiti del Bellunese, in linea daria molto vicine a Cortina, ma lontanissime per censo di residenti e frequentatori. La sua Luxottica, fondata nel 1961 per produrre stanghette docchiali per conto terzi, oggi è saldamente la numero uno al mondo del settore. È presente negli Stati Uniti, dove ha comprato marchi rinomati come Ray Ban, ed è dal 1990 sul listino di Wall street: Del Vecchio, pur non conoscendo una sola parola di inglese, ha voluto quotarla a New York prima ancora di sbarcare alla Borsa di Milano, dove è arrivata dieci anni dopo.
Se gli Usa rappresentano il mercato principale che ormai pesa quasi per il 70 per cento sul fatturato complessivo (5,2 miliardi di euro nel 2008, con un utile di 290 milioni) il cuore del sistema produttivo della Luxottica rimane saldamente ancorato in Italia, nei cinque stabilimenti del Bellunese e in quello piemontese. E questa è unanomalia in un mondo globale dove tutti cercano di andare a produrre dove i costi sono ridotti al minimo, ma Del Vecchio è fatto così. In una delle sue rarissime esternazioni pubbliche, parlando ai suoi colleghi imprenditori del Nordest, ha spiegato così questa scelta: «Io non ho mai pensato di delocalizzare, i tre quarti di tutto quanto vendo nel mondo viene da qui, da casa nostra. Altrimenti che fine farebbe il made in Italy?». Lui stesso, quando non è in giro per il mondo sul suo jet Gulfstream costruito su misura, o a Montecarlo, abita ad Agordo, di fianco al primo stabilimento dove tutto è incominciato.
Questo radicamento, che è sicuramente encomiabile dal punto di vista sociale, gli ha creato qualche problema aziendale, soprattutto nellanno appena chiuso che è stato difficile. La causa, ovviamente, è la crisi che ha colpito tutti e non ha risparmiato i produttori di occhiali. La Luxottica ne ha sofferto anche per unaltra ragione: la sua fortissima presenza sul mercato americano. Il continuo rafforzamento delleuro nei confronti del dollaro è stato certamente penalizzante; lazienda ha dovuto fronteggiare un calo del fatturato. Ma lamministratore delegato, Andrea Guerra, ha detto che il 2010 segnerà un ritorno alla normalità, con un fatturato di nuovo in crescita. «Il 2009 è stato un anno sfidante - ha dichiarato recentemente - ma il peggio è alle spalle. La flessibilità, la velocità, la continua ricerca di nuove soluzioni e lattenzione allo stato patrimoniale hanno consentito a Luxottica di ottenere, anche in un periodo come questo, risultati positivi di cui abbiamo reso partecipi i nostri azionisti con i dividendi».
Gli azionisti sono soprattutto la famiglia del fondatore che, attraverso la finanziaria lussemburghese Delfin, controlla circa il 68 per cento di Luxottica. Il resto è sul mercato. Nel 2005 Del Vecchio ha affrontato anche il tema delicatissimo per un gruppo familiare, del futuro, della successione. Il 16,38 per cento delle azioni della Delfin è stato intestato, come nuda proprietà rimanendo lui lusufruttuario, a ciascuno dei sei figli che ha avuto dalle prime due mogli e dallattuale compagna. Lanno prima aveva già deciso di lasciare la guida operativa del gruppo, mantenendo solo la presidenza e lasciando a Guerra la gestione operativa. Le due mosse indicano che cosa vuole che succeda in futuro al suo gruppo: lo ha impostato perché funzioni sulla base di una separazione fra azionisti e management.
Una scelta molto seguita allestero, uneccezione per la realtà italiana che vede una perfetta sintonia fra fondatore e il suo attuale manager numero uno: «Lo sviluppo richiede una serenità di lungo periodo - ha dichiarato Guerra in una recente intervista allHarvard Business Review -. Bisogna dare alle persone un sogno per il futuro. Bisogna spiegare il sogno, trasformarlo in un vero progetto e bisogna riuscire a non rendersi indispensabili per realizzarlo».
Il sogno industriale di Del Vecchio, con Luxottica, è realizzato. Ma ce ne sono altri. Gli straordinari utili prodotti per decenni dalle fabbriche di occhiali, hanno permesso una diversificazione. Per esempio, il gruppo controlla la francese Foncière des Régions (colosso del real estate) che a sua volta ha la maggioranza della Beni stabili. Ma soprattutto nel portafoglio del signor Luxottica cè un 2 per cento di Assicurazioni Generali, il gioiello della Borsa, loggetto del desiderio di chiunque conti nella finanza italiana e voglia contare di più.
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