Anche la moneta unica ha il suo peccato originale: fu partorita da una sbornia da euforia collettiva che impose un tasso di cambio lira-euro a 1936,27. Era il 31 dicembre 1998. Non era ancora ufficiale, ma faceva già paura. Perché avrebbe sconvolto la nostra vita. Stipendi e pensioni furono convertiti subito, pari pari fino allultimo cent. Nessuno si prese la briga di mandare carabinieri, poliziotti, vigili e finanzieri nei bar, nei negozi, nei supermercati a impedire che la speculazione selvaggia si facesse un tasso di cambio parallelo: mille lire uguale un euro. Erano i tempi di un professore bolognese a capo della Commissione Ue. Non mosse un dito. Normale, tipico dei «talenti» incompresi. Sono trascorsi 8 anni dal fatidico gennaio 2002, ed è sempre lui, Mister Euro, a decidere ancora una volta della nostra vita: dopo oltre un anno di record a raffica (il cambio ha sfiorato quota 1,51 contro dollaro), la moneta Ue rientra nei ranghi dando i primi segni di debolezza. Ma le domande ricorrenti di questi giorni sono: euro debole o dollaro forte? Meglio un euro più «umano»? Che cosa sta realmente cambiando nelle nostre abitudini?
Come accade in questi casi, ci sono i pro e i contro. Per anni le nostre imprese hanno imputato al supereuro la perdita di competitività internazionale. «Il dollaro forte - dice il presidente di Alitalia e Piaggio, Roberto Colaninno - non mi preoccupa. Una quotazione tra 1,20 e 1,25 corrisponde a una capacità per lEuropa di competere meglio sui mercati internazionali». Tuttavia cè lincognita energia e materie prime. Che non abbiamo.
Secondo alcuni analisti, il deprezzamento delleuro costituisce un moderato vantaggio, ma non la panacea dellexport made in Italy. Bisognerebbe, sostengono, che leuro scendesse a 1,10 contro dollaro per dare vero respiro al manifatturiero.
Ma vediamo come riusciremo a convivere con la nuova realtà. Con leuro che perde il 10-15-20% del suo valore, saranno in molti a rinunciare alle vacanze fuori dallEuropa. Per anni, ad esempio, abbiamo fatto spesso un «salto» negli Usa, per diletto e per shopping. Non sarà più così. Di contro - è probabile - saranno gli americani a tornare in Europa, e in particolare in Italia, forti di un dollaro in salute. E fin qui ci sono buone notizie per il turismo e per il settore alberghiero in generale.
A questo punto, però, si apre un altro scenario. Optando per vacanze «europee», o addirittura domestiche, cè lincognita carburanti. Con i prezzi del greggio che torneranno a salire, esiste il rischio concreto di aumenti e speculazioni selvagge, per la verità non nuove. Che poi è la classica stangata. Ma non è finita.
Sicuri di una moneta unica forte, talvolta anche troppo, italiani ed europei hanno investito non pochi risparmi per farsi una casa allestero, magari lungo le coste della Florida o della California, o altrove. Poco male se hanno pagato cash, pochi maledetti e subito. Malissimo se hanno acceso un mutuo in dollari. Ci saranno sorprese, non certo piacevoli.
Però non tutti i mali vengono per nuocere. Nel senso che potremmo assistere a un vero e proprio assalto al nostro mercato immobiliare di russi (che lo fanno già), indiani, cinesi e americani.
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