La maggioranza presenta la sua proposta pochi minuti prima della scadenza del termine. Il leghista Calderoli: «Non è la vittoria dei centristi» Camere sbarrate per i partiti sotto il 4% La Casa delle libertà trova l’accordo sulla nuova legge elettora

Nel 1985 il presidente della Repubblica francese introdusse in extremis il sistema proporzionale per arginare la prevedibile vittoria dei gollisti

La maggioranza presenta la sua proposta pochi minuti prima della scadenza del termine. Il leghista Calderoli: «Non è la vittoria dei centristi» Camere sbarrate per i partiti sotto il 4% La Casa delle libertà trova l’accordo sulla nuova legge elettora

Adalberto Signore

da Roma

Sono da poco passate le 18 quando tutti o quasi i deputati che affollano il Transatlantico iniziano a riunirsi in capannelli e scartabellare freneticamente pagine e pagine di fotocopie. Dodici, per l’esattezza. Nella maggioranza e nell’opposizione, non c’è parlamentare che non sia concentrato nella lettura, chi cantilenando con il solo movimento delle labbra, chi declamando ad alta voce, quasi a cercare conforto nel collega a fianco. E si va avanti così, per mezz’ora buona, perché quello che mezzo Parlamento ha da pochi minuti per le mani non è un testo qualsiasi ma l’emendamento della Casa delle libertà al progetto di legge che modifica il sistema elettorale, provvedimento fermo da tempo alla commissione Affari costituzionali della Camera. Il termine ultimo per presentarlo scadeva alle 18 e, esattamente a quell’ora, la Commissione ha ricevuto l’emedamento che sancisce l’accordo tra le forze della maggioranza. Già, perché in calce alle dodici pagine campeggiano le firme di Nitto Palma, Maurizio Saia, Luciano Dussin e Remo Di Giandomenico, rispettivamente capigruppo di Forza Italia, An, Lega e Udc in Affari costituzionali. E così, l’attenzione di tutti non poteva che focalizzarsi su un provvedimento che a pochi mesi dalle politiche potrebbe cambiare drasticamente la legge elettorale, lo strumento che decide il destino politico di ogni singolo deputato.
L’emendamento presentato dalla Casa delle libertà ridisegna il sistema elettorale in senso proporzionale, impone uno sbarramento al 4 per cento, prevede un premio di maggioranza e armonizza i sistemi di voto per Camera e Senato. Una soluzione, dunque, che farebbe scomparire i collegi uninominali. E che - dopo lo strappo dell’Udc sulla premiership e la richiesta formalizzata dai centristi al summit di Palo Laziale di tornare al proporzionale - pare trovare consensi, più o meno calorosi, in tutto il centrodestra.
In realtà, di perplessi ce n’è più d’uno. Da una parte e dall’altra della Casa delle libertà. Perché passare dall’uninominale al proporzionale significa cambiare diametralmente approccio alla campagna elettorale: non più la sfida contro un altro candidato dello schieramento opposto, ma la raccolta di voti casa per casa, correndo pure sui colleghi di coalizione (ma non di partito). E soprattutto perché molti deputati della maggioranza - in particolare quelli che arrivano da Lombardia, Veneto e Sicilia (dove con il 55 per cento dei voti la Cdl ha portato a casa dal 90 al 100 per cento dei collegi) - rischiano di non essere rieletti. Insomma, una vera rivoluzione.
Sulla quale, però, nella maggioranza si sta cercando con forza un accordo politico che possa reggere al momento del voto in Aula. E se l’emendamento ha il via libera di Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini e Umberto Bossi (che ieri si sono sentiti per telefono più di una volta), un’imprimatur sembra arrivare pure da Pier Ferdinando Casini. Che lasciata la Camera dopo che l’opposizione ha fatto mancare per protesta il numero legale, ai giornalisti che gli chiedono conto della tempistica di una modifica della legge elettorale dice che «se c’è la volontà politica, e soprattutto se ci sono i parlamentari, si può fare tutto». «La legge elettorale», aggiunge il presidente della Camera, «era già calendarizzata», nell’accordo raggiunto oggi dalla Cdl «non c’è nulla di nuovo». Un’intesa, ci tiene a sottolineare Calderoli, che «va a soddisfare le esigenze che ci erano state poste del vincolo di coalizione da stabilirsi prima» del voto e «la certezza di una maggioranza omogenea nei due rami del Parlamento». Come a dire che non è una vittoria dell’Udc, perché «l’esito finale è un qualcosa di diverso rispetto a quello che chiedevano».
Una prima correzione, però, potrebbe arrivare proprio dai centristi. Che dopo l’alzata di scudi dell’opposizione («proprio loro, che hanno modificato la Costituzione il giorno prima delle elezioni», ironizza Calderoli) in serata cercano di riaprire il dialogo. Prima a parole («sì al confronto con l’opposizione», si legge in una nota della segreteria) e poi con i fatti. L’Udc, infatti, sta elaborando un emendamento per tutelare le forze che non arrivano al 4 per cento.

Che stanno quasi tutte nel centrosinistra: dai Verdi al Pdci, dalla Lista Di Pietro all’Udeur.
E sta proprio qui la chiave di lettura, perché con la soglia del 4 per cento tutti i voti dei partitini dell’Unione andrebbero persi. A tutto vantaggio della Casa delle libertà.

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