LE MALEFATTE

MilanoNei tribunali, ultimamente, circola una lettera. La firma è dei dipendenti dei palazzi di giustizia. «Brunetta venga a trovarci - scrivono - e passi un’intera giornata con noi. Lo aspettiamo». L’invito al ministro è di toccare con mano il lavoro che quotidianamente si svolge nelle cittadelle giudiziarie. Il rischio, però, è che Brunetta accetti. Perché è vero che alcuni tribunali - soprattutto quelli più grandi - devono fare i conti con un organico ridotto all’osso, ma è altrettanto vero che gli esempi di scarso attaccamento alla causa non mancano. Affatto.
Casi eclatanti e vicende di quotidiana inefficienza. La ribalta delle cronache, nei mesi scorsi, la conquista il pm milanese Edi Pinatto. Da giudice a Gela condanna due mafiosi a 24 anni di reclusione ciascuno, la moglie del boss Piddu Madonia a 8 anni e a pene minori altri quattro favoreggiatori di Cosa nostra. Una sentenza esemplare. Che risale a otto anni fa. Otto anni che non bastano al giudice per scrivere le motivazioni della sentenza. Totale, tutto in cavalleria. I boss escono dal carcere. L’Onorata Società ringrazia.
Da Gela a Milano, da Milano a Vicenza. Cecilia Carreri, giudice di professione, è accusata dal presidente della Corte d’appello di «assentarsi dall’ufficio a più riprese e per periodi molto lunghi per motivi di salute». Salvo poi «svolgere un’attività fisica altamente impegnativa». Ricapitolando, Carreri non si presenta in tribunale a causa di una patologia alla schiena che non le permette di stare a lungo seduta o in piedi. Capita. Difficile, però, credere che la terapia indicata dal medico sia la regata transoceanica a cui il magistrato prende parte durante il periodo di convalescenza. Prima 45 giorni di malattia, poi altri sei mesi di aspettativa. Dal 26 febbraio al 26 agosto del 2005. Tra luglio e agosto, però, il giudice partecipa alla Rolex Fastnet race, competizione tra imbarcazioni d’altura che si disputa al largo delle coste della Gran Bretagna.
Da Vicenza, di nuovo a Milano. È il caso di Leonardo Gargiulo, giudice del lavoro. Un ritardatario cronico, stando alle statistiche che lo riguardano. Al 28 febbraio 2004, infatti, le sentenze depositate fuori tempo sono 146, con ritardi fino a 955 giorni. Quasi tre anni, insomma. E Gargiulo - che di recente ha lasciato la magistratura - fa anche di meglio. Al 30 settembre 2005, infatti, le sentenze non depositate salgono a 348. Se non un record, quasi. Un primato «riconosciuto» dal Csm con la perdita di anzianità di un anno. E sempre a Milano, il 2 ottobre scorso, si conclude con una prescrizione il processo a carico di 39 controllori dell’aeroporto di Linate, accusati di truffa. Durante l’orario di lavoro, si sarebbero dedicati a lunghe e impegnative partite di calcetto. Alcune delle quali documentate fotograficamente. Non ci sarà alcuna sentenza di merito. Il tempo, con loro, è stato galantuomo.
Ruolini di marcia di tutto rispetto che accomunano anche Pietro Vella, giudice a Taranto, e Sabina Gallini, distaccata a Empoli. Le sentenza del primo arrivano con più di mille giorni di ritardo in 47 casi. La Gallini, invece, al 31 dicembre del 2003 non ha ancora depositato 3 sentenze del 1995.
Ancora. La Corte dei conti dell’Emilia Romagna condanna (sentenza 998/2007) il giudice tributario che nell’arco di un decennio non ha quasi mai partecipato alle udienze della propria sezione, pur continuando a percepire il compenso per la funzione che non ha pressoché mai svolto.

«Problemi di salute», si è giustificato il magistrato. Problema suo e del sistema, ha replicato la Corte. Che ne ha censurato la «consapevole violazione dei doveri connessi alla funzione pubblica esercitata». Condannandolo a pagare 25mila euro di danno erariale.

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