Marta e Gigi, fratelli d’Italia Genova s’è desta, Mameli chiamò

(...) al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per chiedere «che Genova sia la città dell’Inno, così come Reggio Emilia è quella del tricolore». Tanto che la Festa nazionale del Pd del Porto Antico è stata aperta proprio dalla musica di Mameli. E mica suonata da uno qualunque, ma dalla Filarmonica Sestrese, banda di fiati e percussioni che per prima eseguì l’inno del patriota genovese nel 1847 a Oregina, dove si svolgerà una festa per ricordare l’evento.
Premessa caratteriale: chi conosce il senatore Gigi Grillo - ligurissimo presidente della Commissione trasporti e comunicazioni di Palazzo Madama, anche se stavolta è stato eletto in Puglia - sa che è impossibile passarci cinque minuti insieme senza essere travolti da dati e notizie su uno di questi argomenti a scelta: a) il Terzo Valico; b) la riforma della legge 84/94 sui porti; c) l’italianità delle banche e delle fondazioni bancarie; d) il project financing. Poi, certo, può esserci un punto e), ma Gigi Grillo è certamente il maggior esperto al mondo in tutte queste vicende, capace di destreggiarsi fra subemendamenti e «comma 4, lettera c) nella versione originaria» come nessun altro al mondo.
Fatte tutte queste premesse, la sorpresa. Il maggior difensore parlamentare dell’Inno di Mameli - che attraversa le legislature senza mai cambiare idea - è proprio il supertecnico Gigi Grillo. Che, per una volta, lascia da parte Terzi Valichi e dintorni, per buttarsi nel mondo delle sette note. Presentando addirittura due proposte di legge sull’Inno di Mameli, raccogliendo una petizione di Antonino Mameli, discendente dell’eroe risorgimentale e suo biografo.
Per sostenere la sua causa, Grillo non si risparmia assolutamente niente. Nè il verbale del consiglio dei ministri del 12 ottobre 1946, dedicato proprio all’inno; nè l’osservazione che in Italia ci sono più di mille atti normativi, ma nemmeno uno che si occupi di Fratelli d’Italia; nè il decreto legislativo del 5 maggio 1948 numero 535 su «Foggia ed uso dell’emblema dello Stato». A tratti, il senatore spezzino è lirico nella relazione introduttiva, ad esempio quando spiega che la musica «emoziona quanto se non più della muta bandiera».
Più che una relazione per presentare una legge, quella di Grillo è un’enciclopedia di storia della musica patriottica, che non risparmia e si risparmia nulla: dal congresso di Vienna del 1815 all’excursus sui canti e sulle liriche patriottiche: La bandiera dei tre colori; Addio mia bella addio; La bela Gigogin; L’inno a Giuseppe Garibaldi; L’inno di Oberdan; Le campane di San Giusto e la Leggenda del Piave, fino ovviamente alla prima versione dell’inno di Mameli, Il canto degli italiani, che sta all’inno come il Fermo e Lucia sta ai Promessi sposi. Autore del testo, per l’appunto fu Mameli, mentre la musica fu composta da un altro genovese, Michele Novaro. Insomma ce n’è per tutti, citazione di Giovanni Battista Perasso - il Balilla - inclusa.
Mica finita. Grillo ricorda la morte eroica di Mameli, a 21 anni, per difendere l’esperienza della Repubblica romana di Mazzini, ai piedi del Gianicolo. E ricorda anche Novaro, morto in solitudine e in povertà a 63 anni, dopo aver creato una scuola popolare di canto a Genova.
Il senatore - ormai più carico della Treccani - ricorda anche tutti gli altri inni europei, svariando da Karajan a Beethoven, fino alla Marsigliese e a Stars and stripes, per arrivare addirittura all’inno portoghese.
Risultato finale: due disegni di legge, firmati da Grillo. Il primo si intitola «Inno della Repubblica italiana» ed è composto di un unico articolo. Al primo comma dice: «Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera ii), della legge 12 gennaio 1991, numero 13 (e qui, finalmente si riconosce la mano giuridica di Grillo ndr), è emanato un disciplinare che riporta il testo integrale e lo spartito musicale originale dell’inno della Repubblica italiana “Fratelli d’Italia“ e i relativi adattamenti musicali in uso alla data di entrata in vigore della presente legge». Non basta, c’è pure un secondo comma: «Il disciplinare di cui al comma 1 stabilisce, altresì, le modalità di esecuzione dell’inno nelle cerimonie ufficiali».
Ma Grillo non si è accontentato. E, insieme al suo compagno di Pdl Romano Comincioli, contemporaneamente al primo, ha presentato anche un altro disegno di legge, stavolta per modificare addirittura la Costituzione, con l’apposita lettura rafforzata che prevede quattro voti ed eventuale referendum. Il titolo è «Modifica dell’articolo 12 della Costituzione, in materia di inno nazionale». Anche stavolta un solo articolo, brevissimo: «All’articolo 12 della Costituzione, dopo il primo comma è aggiunto il seguente: “L’inno della Repubblica è Fratelli d’Italia“». Fine, tutto qui.
Per la cronaca, le due leggi di Grillo giacciono ancora nei meandri di Palazzo Madama.

Per quella ordinaria (quella lunga, per capirci) l’esame non è ancora iniziato. Per quella costituzionale, il presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato Carlo Vizzini se ne è occupato una volta. Ma solo per comunicarne il rinvio.
L’Italia chiamò. Ma il Senato non rispose.

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