Meno parchi regionali per rinforzare quelli nazionali

(...) Lucca con Giuncugnano, San Romano in Garfagnana e Villacollemandina; Massa Carrara con Bagnone, Comano, Filattiera, Fivizzano e Licciana Nardi; Parma con Corniglio e Monchio delle Corti e Reggio Emilia con Busana, Castelnovo ne Monti, Collagna (il Comune che comprende Cerreto Laghi e Cerreto Alpi), Ligonchio, Ramiseto e Villa Minozzo.
Vi ho fatto tutta la lista perché salta all’occhio un particolare: c’è tutta la Lunezia, tranne quella ligure. E questo, vedendo come è gestito il Parco - con un presidente appassionato e quasi volontario come Fausto Giovanelli, ex senatore pidino ed ex capo del Pci reggiano, ma oggi anima e cuore di queste terre, quasi senza colore politico, che non sia quello della Lunezia e dell’Appennino - fa davvero male.
In queste pagine, il nostro Ferruccio Repetti, che quando parla di trekking e di natura è una vera autorità (anche su altri temi, vabbé, ma oggi ci occupiamo di questo), vi fa respirare le atmosfere straordinarie di quelle terre e di quei borghi, con progetti come la «cooperativa-paese» che fanno la differenza. Giovanelli, quando ne parla, si infiamma. Ed è un buon segno.
E allora, a questo punto, torna la domanda: perché non c’è la Liguria in tutto questo? Nel simbolo del Parco Nazionale ci hanno messo anche le strisce azzurre che rappresentano il mare stilizzato ed è chiaro che quel mare è il nostro, quello ligure. Anche senza volare troppo alto e pensare di unificare il Parco Nazionale dell’Appennino con il Parco Nazionale delle Cinque Terre, che ha una sua specificità e un suo mercato internazionale e che sarebbe autolesionista confondere con altri mondi, il mare che arriva alla foce del Magra e il mare di Lerici, il mare che si vede dalla cima dei monti del primo appennino emiliano, ecco quello potrebbe essere alla perfezione il mare del Parco.
Però, qui bisogna dire con molta chiarezza, quasi con crudeltà, una cosa. Che occorre evitare doppioni. E che, ad esempio, se andasse in porto un progetto simile, il parco regionale ligure di Montemarcello-Magra - quello noto per la tutela dell’ululone dal ventre giallo, la rana che passa la giornata a fare uno strano verso che suona «uh-uh-uh» - potrebbe tranquillamente chiudere. Così come potrebbero chiudere la stragrande maggioranza dei parchi regionali.
L’assessore regionale Renata Briano, che è un’amica ed è appassionata davvero del suo lavoro sull’ambiente, ci crede e difende con calore i parchi regionali. Ma la verità è che molti di essi servono solo per assicurare i posti in consiglio di amministrazione ai consiglieri e che i compiti sono davvero residuali. E allora come si spiega che si tagliano, a volte ingiustamente, le comunità montane e, sempre ingiustamente, i piccoli Comuni che spesso sono gli unici presidi di tutela del territorio e dell’entroterra e poi si tengono aperti parchi che hanno solo le targhe e la sede sociale?
Penso che ogni euro investito in territori altrimenti destinati allo spopolamento sia un euro speso bene, volano di sviluppo e di ricchezza per quelle zone. Se si riesce a non far partire per la città un ragazzo nato in alta montagna, si ha già vinto.

Anzi, stravinto.
Insomma, proteggiamo l’ambiente e i boschi con strutture forti e serie come i parchi Nazionali. E chiudiamo quelli che proteggono solo l’ambiente politico e non i boschi. Ma, più minimalisticamente, i sottoboschi.

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